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Calvizie zone: quando c’è, ma non si vede

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Come nella donna?

Calvizie e zone. Uno studio tailandese appena pubblicato mette in dubbio che l’area occipitale non sia intaccata dalla calvizie comune o androgenetica. Lo studio parte considerando studi precedenti che hanno mostrato come la calvizie femminile non risparmi quest’area. Tuttavia, è noto che l’alopecia femminile si manifesta con un “pattern diffuso”, ossia è una forma che può coinvolgere un po’ tutta la capigliatura e spesso non porta ad arretramenti della linea frontale pur sfoltendola.

Biopsie

I ricercatori sono riusciti a effettuare biopsie dell’area occipitale su 82 maschi con calvizie di vari gradi della scala Hamilton-Norwood. Poi, le hanno confrontate con le biopsie tratte dalla stessa zona da 82 cadaveri di uomini non affetti da calvizie. La biopsia sui cadaveri è avvenuta entro 8 ore dal decesso per non avere fenomeni di distruzione delle cellule (autolisi) che potessero inficiarne i risultati.

Età del campione

L’età media del gruppo di affetti da calvizie sottoposti a biopsia (di 4 mm) era di poco più di 40 anni, mentre i cadaveri in media avevano poco più di 38 anni. Quindi, i due campioni sono stati considerati equivalenti per quanto riguarda il fattore età che può influire notevolmente sullo stato dei capelli e la loro densità.

calvizie

Fig.1: La scala Hamilton-Norwood con i sette gradi di calvizie.

Calvizie zone e gradi

Il gruppo affetto da calvizie presentava soggetti con gradi della scala Hamilton-Norwood dal III al VII stadio distribuiti in modo piuttosto omogeneo tra loro. L’età media risultava nettamente più alta (poco sotto i 50 anni) per i soggetti di VII grado. Tuttavia, le analisi statistiche non hanno evidenziato una relazione direttamente proporzionale tra l’età e i gradi più elevati di calvizie. Più precisamente, infatti, hanno individuato una relazione diretta tra questi e il numero di anni passati dal primo manifestarsi della patologia.

Istopatologia della calvizie

La biopsia è un esame istologico, ossia di analisi dei tessuti, e se i tessuti sono affetti da una patologia, si parla di istopatologia. L’istopatologia dell’alopecia androgenetica maschile e femminile presenta queste caratteristiche:

  • Riduzione dei capelli terminali e aumento dei capelli miniaturizzati (vellus) con un rapporto (T/V) inferiore a 4:1.
  • Un leggero incremento dei capelli in fase terminale (telogen) con una percentuale dal 15 al 20%.
  • La presenza di formazioni fibrotiche sotto i follicoli miniaturizzati.
  • Densità dei follicoli normale, tranne per le calvizie stagionate e più avanzate.

I parametri confrontati

I principali parametri presi in considerazione per verificare la calvizie nelle biopsie di 4 mm di diametro sono stati il numero totale di follicoli, il numero di soli follicoli con capelli terminali e il rapporto tra capelli terminali e miniaturizzati (vellus). Tutti questi tre parametri hanno evidenziato delle differenze tra la densità delle biopsie dei soggetti non affetti da calvizie e quelle dei soggetti affetti. Tuttavia, queste differenze sono risultate statisticamente significative solo per i gradi più avanzati di calvizie, ossia per i gradi VI e VII della scala Hamilton-Norwood.

Il rapporto T/V

Il rapporto tra follicoli con capelli terminali e follicoli con capelli vellus (o miniaturizzati) è risultato quello più significativo e proprio questo è quello che più caratterizza la calvizie di tipo androgenetico. Si parla di un rapporto che nell’area occipitale si avvicina a 9 e che decresce a meno di 8 per il grado V per poi ridursi a 6,8 per il grado VI e a 5,3 per il grado VII.

calvizie_gradiFig.2: Il rapporto tra follicoli con capelli terminali e follicoli con capelli vellus nei vari gradi di calvizie (da questo studio). 

Senescenza esclusa

Proprio la grande presenza di follicoli e capelli miniaturizzati e di capelli in telogen nelle biopsie dei gradi di calvizie più avanzati porta i ricercatori ad escludere che si tratti di alopecia senile. Questo perché l’alopecia senile non si caratterizza per la prevalenza di capelli miniaturizzati e di follicoli in fase terminale (telogen). Al contrario, si manifesta come una riduzione generalizzata della densità dei follicoli non dovuta all’aumento dei capelli in fase terminale rispetto a quelli in crescita (anagen).

Le tre questioni principali

Da questo studio, secondo i ricercatori derivano tre questioni principali con raccomandazioni:

  • La calvizie coinvolge estesamente l’area occipitale nei pazienti con patologia avanzata.
  • I cambiamenti androgenetici possono verificarsi anche nel cuoio capelluto occipitale clinicamente normale. Quindi, si raccomanda di non prendere a modello la zona occipitale di individui con alopecia in fase avanzata per risalire alla normale densità del cuoio capelluto.
  • Si raccomandano delle misurazioni preoperatorie dei capelli miniaturizzati presenti nell’area donatrice per chi si sottopone a un trapianto di capelli.

Nulla di nuovo?

Tuttavia, lo studio tailandese potrebbe aver scoperto qualcosa che è già ben noto ai chirurghi specializzati in trapianti di capelli, vale a dire la possibile riduzione dell’area donatrice nel corso degli anni.
Questo giustifica anche gli insuccessi dei trapianti fatti troppo precocemente. Infatti, in molti casi si sarebbero prelevati diversi follicoli soggetti a miniaturizzazione ritenendo che fossero capelli terminali destinati a rimanere tali.

Area “safe” a rischio?

Per questo si consiglia di non fare trapianti prima che l’alopecia si sia stabilizzata. Questo può voler dire attendere anche fino 40 anni e oltre di età prima di sottoporsi a un trapianto di capelli.

Tuttavia, nello studio tailandese il punto di prelievo di tutte le biopsie è quello in corrispondenza della protuberanza esterna dell’osso occipitale. Trovandosi molto in basso nella nuca, rientra nella cosiddetta “area donatrice sicura (safe)“, la quale non dovrebbe mai diradarsi.

Fig.3: La posizione nel cranio della protuberanza occipitale esterna all’altezza della quale sono state prelevate tutte le biopsie dello studio tailandese.

C’è, ma non si vede

Anche questo studio conferma una delle recenti pubblicazioni dello specialista Van Neste, in cui i diversi gradi di calvizie, se analizzati attentamente, finivano per risultare di grado più elevato di quello inizialmente indicato. In pratica, la calvizie è spesso al lavoro anche nelle aree che non appaiono ancora diradate. In tali zone la densità non è più quella originale, ma la riduzione dei capelli terminali non è ancora visibile a livello estetico.

Regola estetica

Questo perché, come ben sanno i chirurghi specializzati in trapianti di capelli, occorre che la densità di capelli terminali si riduca di più del 50% perché si possa notare un diradamento a occhio nudo. Infatti il compito dei chirurghi non è quello di ripristinare la densità originale per cui sarebbe necessario il trapianto di un numero improponibile di unità follicolari, ma di arrivare a circa la metà di questa per avere un’ottima resa estetica in copertura.

Il consiglio è sempre quello…

Per lo stesso motivo, si consiglia a tutti coloro che tengono ai capelli e temono di perderli di farsi visitare per tempo da bravi tricologi che possano prescrivere dei trattamenti per salvaguardare la capigliatura. Quando il diradamento è ormai molto evidente, i trattamenti, per quanto efficaci, in genere non possono portare a un recupero esteticamente valido.

Da questa mancata tempestività a fronteggiare la calvizie sovente deriva la solita lamentela contro le “cure” anti-calvizie che non sarebbero efficaci, ma spesso è solo una questione di agire per tempo e con i trattamenti di riconosciuta efficacia.

Calvizie sempre all’opera?

Nello studio tailandese, si esclude che il maggiore grado della calvizie dipenda dall’età o che sia dovuto a quella senile. Tuttavia, la letteratura scientifica a cui questa pubblicazione rimanda per la calvizie senile include uno studio in cui si dubita che essa sia una forma differente dalla comune calvizie androgenetica.

Si potrebbe ipotizzare che la calvizie sia sempre all’opera con il passare del tempo e la differenza la possa fare solo la maggiore o minore aggressività della stessa e il concentrarsi iniziale solo su alcune parti della capigliatura.

Parlano i numeri

Il numero medio di follicoli per cm² varia con l’età: 1135 alla nascita, 635 a 30 anni, 415 a 60 anni. In termini di percentuali, questo significa un decremento del 44% dalla nascita ai 30 anni e un ulteriore decremento del 35% dai 30 ai 60 anni. In totale,  dalla nascita ai 60 anni si avrebbe una riduzione media dei follicoli del 63%.


Fig.4: Trattamento di successo dell’alopecia senile in un uomo di 70 anni con soluzione topica di minoxidil al 5% due volte al giono. (A) prima e (B) dopo 6 mesi di trattamento. (Da International Journal of Trichology).

Invecchiamento e calvizie

Tuttavia, quelli che fanno la differenza a livello estetico sono i follicoli dei capelli terminali. Questi si riducono di un terzo (da 90-150 mila a 60-100 mila) da un individuo giovane a uno adulto non affetti da calvizie. Anche lo spessore dei capelli terminali medio si riduce del 25-36% con l’invecchiamento (da 65-70 micron a meno di 50 micron) nelle zone non affette da calvizie. Quindi, la calvizie senile sarebbe dovuta a questo decremento congiunto nel numero e nello spessore dei capelli terminali.

Rivalutare il mantenimento

In base a questi dati, si capisce come per chi è affetto da calvizie ottenere il mantenimento della situazione nel corso degli anni può forse non risultare soddisfacente se si desidera recuperare i capelli perduti, ma rappresenta di sicuro un successo nella lotta contro gli effetti dell’invecchiamento sulla capigliatura. Effetti, si noti bene, che sono molto più accentuati e accelerati proprio in chi soffre di calvizie.

Invecchiamento e staminali

Proprio uno studio internazionale appena pubblicato affronta il tema della rigenerazione delle cellule staminali del follicolo dei capelli.  Mette in evidenza il ruolo dei raggi UV nel produrre foto-invecchiamento e, citando studi molto recenti, vaglia come sostanze che contrastano efficacemente questo tipo di invecchiamento la rapamicina e la vitexina. Quest’ultima sostanza è presente in diverse specie naturali tra cui spicca l’agnocasto.

Fig.5: Un follicolo di capello umano a cui è stata somministrata vitexina purificata e la crescita del fusto del capello in 10 giorni.

Telogen refrattario

In particolare, per quanto riguarda i capelli con l’invecchiamento viene a prolungarsi la fase telogen chiamata “refrattaria”. In questa sottofase della fase telogen, vengono inibite le cellule staminali dei follicoli dei capelli. A questa sottofase fa seguito la sottofase telogen denominata “competente” in cui si riattivano le cellule staminali e riparte il ciclo del capello.

Vitamina A problematica

Al prolungamento del telogen refrattario, secondo un altro studio recente, contribuirebbe la vitamina A in modo dose dipendente. Questa problematicità della vitamina A nella crescita dei capelli è stata peraltro individuata da alcuni anni da specialisti che avevano osservato caduta dei capelli aumentata in chi assume forti dosaggi di integratori di betacarotene per esaltare l’abbronzatura.

Nuove scoperte

Per quanto riguarda la rigenerazione dei follicoli dei capelli e l’invecchiamento sono state fatte alcune recenti scoperte che mettono in evidenza il ruolo di alcune proteine. Una di queste è R-spondin-1 che va decrescendo nella papilla dermica dei follicoli dei capelli dalla nascita all’età adulta. Questa proteina è essenziale per lo sviluppo nell’embrione del sesso femminile e aumenta il percorso WNT/beta catenina opponendosi agli androgeni.

Un’altra proteina coinvolta nel sostegno del percorso WNT/beta-catenina di recente scoperta è Twist1. Questa pare essenziale nel percorso WNT/beta catenina nella papilla dermica di cui ritarda i processi di invecchiamento.

Calvizie zone e Zyxin

Tuttavia, la proteina più direttamente coinvolta nella calvizie comune individuata di recente è Zyxin. Questa si trova in alta concentrazione sull’area frontotemporale ed è, invece, ridotta nella zona occipitale. Zyxin inibirebbe proprio la rigenerazione dei capelli. Questa proteina rappresenta un bersaglio terapeutico per trattare l’alopecia androgenetica.

Questa proteina potrebbe essere collegata con il recettore della prolattina su cui agiscono gli anticorpi monoclonali che hanno portato ha ricrescita nei macachi che sviluppano una calvizie analoga a quella umana.

 

APPROFONDIMENTI

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Redazione Calvizie.net
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