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Alopecia Androgenetica Femminile: diagnosi e terapia

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La diagnosi di alopecia androgenetica femminile e la terapia: facciamo un punto?

L’alopecia androgenetica femminile, definita così nel 1977 da Ludwig, è caratterizzata da diradamento e assottigliamento dei capelli nelle aree parietali, con relativo risparmio delle tempie e dell’occipite.

In precedenza si parlava di un’indefinita ‘alopecia diffusa femminile’ contrapposta alla classica alopecia androgenetica con pattern di diradamento classificabile nei 7 gradi di Hamilton-Norwood e che presente in una modesta percentuale di donne, soprattutto in menopausa.

Diagnosi di Alopecia androgenetica femminile

La diagnosi di alopecia androgenetica femminile si basa clinicamente, sul pattern di diradamento, sull’anamnesi familiare e personale e su alcuni esami strumentali e di laboratorio.
Nella maggioranza dei casi (60%) di ‘alopecia diffusa’ femminile non si riscontra una reale iperandrogenemia, però è possibile trovare un rapporto ridotto 3¦Á-androstanediolo glucuronide/SHBG (3,4)) nell’ 80% dei casi, segnale di un accentuato metabolismo periferico degli androgeni.
Un ruolo fondamentale nella diagnosi di alopecia androgenetica femminile è giocato anche dal recettore periferico per gli androgeni codificato da un gene presente sul cromosoma X, ci ò° spiegherebbe perchè i casi più precoci e gravi di alopecia androgenetica si ereditino per via materna.
Gli effetti degli androgeni sui follicoli piliferi sono apparentemente contraddittori: a livello dei peli corporei sono in grado di provocarne l’ipertrofia fino a fenomeni di irsutismo, mentre nelle areee parietali del cuoio capelluto il follicolo può andare incontro al classico fenomeno della miniaturizzazione, tipico dell’alopecia androgenetica insieme a quello dell’’eclisse del pelo’ o ‘kenogen (7)e della riduzione del numero di capelli per unità follicolare. La spiegazione sembra risiedere nel fatto che mentre normalmente gli androgeni stimolano la sintesi del fattore di crescita IGF-1 da parte della papilla del pelo, nelle aree soggette a calvizie si verifica invece la produzione della citochina TGF beta, che in grado di indurre l’involuzione del pelo (catagen) e fenomeni di fibrotizzazione.

A proposito della diagnosi di alopecia androgenetica femminileRecentemente molti esperti anglosassoni e qualche europeo hanno messo in dubbio la definizione ‘alopecia androgenetica femminile’ (9,10) . Marliani arriva addirittura a proporre per la calvizie femminile un’etiopatogenesi svincolata da ogni azione degli androgeni, parlando piuttosto di una genesi carenziale, da ridotta concentrazione locale di estrogeni (‘low local estrone ipotrichia)’ e questa affermazione insufficientemente dimostrata sta prendendo piede in Italia.

Alopecia femminile: terapie

Sintomaticamente queste visioni hanno cominciato ad affacciarsi a partire dall’apparente fallimento della sperimentazione della Finasteride nel trattamento di questa forma di calvizie, c’ da rimarcare però che la maggior parte degli endocrinologi interpreta piuttosto questo riscontro ammettendo altri meccanismi attraverso cui gli ormoni maschili condurrebbero all’Alopecia Androgenetica femminile, non necessariamente basati sull’attività della 5¦Á2-reduttasi.

All’opposto, in effetti, il professor Ludwig aveva potuto cominciare a parlare di Alopecia Androgenetica femminile proprio per i buoni -ma empirici- risultati terapeutici ottenuti in Germania dopo l’introduzione sul mercato del potente antiandrogeno Ciproterone Acetato – farmaco di cui gli Autori americani continuano ancora oggi a non avere esperienza-.

Gli argomenti più importanti alla base dell’asserzione che la calvizie femminile non sia androgeno-dipendente sono stati ricapitolati da Norwood, noto chirurgo cui va il merito di avere riadattato la classificazione di Hamilton – in un articolo fondamentale: ‘Female Androgenetic Alopecia: A Separate Entity’, cui fanno riferimento tutti coloro che sono favorevoli alla definizione ‘calvizie femminile’ Female Pattern Baldness e che preferiscono riservare il termine ‘androgenetica’ alle forme con dimostrato iperandrogenismo ematico. Questa diatriba ha un basilare risvolto pratico, non essendo indifferente decidere se utilizzare o meno gli attuali e futuri farmaci antiandrogeni, con le problematiche ricollegabili alla mutagenicità e agli effetti ormonali, in assenza di un reale ruolo patogenetico degli androgeni in queste forme cliniche.
Ci proponiamo qui di seguito di analizzare sinteticamente punto per punto gli argomenti di Norwood e di dimostrarne, a nostro avviso, la complessiva infondatezza.

1) Le donne ereditano il pattern femminile dalla madre.
Dato non confermato: un recente studio su un’ampia casistica finlandese ha dimostrato l’eredità paterna nella maggioranza delle pazienti affette da Alopecia classificabili nei tre gradi di Ludwig. Le forme più gravi erano inoltre associate in maniera significativa a segni laboratoristici di resistenza insulinica (15). Nella nostra esperienza personale su 50 casi consecutivi di alopecia androgenetica femminile ( Ludwig I,II,III ) 34 donne (68%) presentavano anamnesi positiva paterna,11 (22%) materna e 5 (10%) nessun precedente fino alla II generazione.
L’Alopecia Androgenetica è una malattia poligenica, alcuni geni sarebbero in comune con quelli implicati nella genesi della Sindrome dell’Ovaio Micropolicistico (PCOS).
La metà dei maschi affetta da alopecia androgenetica in età giovanile presenterebbe in effetti pattern ormonali e metabolici caratteristici della PCOS.
Nella donna, che fisiologicamente ha livelli di ormoni maschili più bassi dell’uomo, sono necessari, perchè la malattia si manifesti, più geni predisponenti che non nel maschio. Come corollario ne risulta che una donna con alopecia androgenetica e quindi con molti geni predisponenti potrà trasmettere quindi più facilmente la malattia ai propri figli ed in effetti, come già detto, questo sembra avvenire nelle più precoci e severe forme di calvizie maschile.

2) Le donne predisposte geneticamente all’Alopecia Androgenetica sviluppano un pattern maschile se assumono steroidi virilizzanti.
Parzialmente vero: ‘­con alte dosi, ma a basse dosi o con steroidi meno potenti, ad esempio con androgeni deboli come il danazolo, corticosteroidi (esperienza personale) od estroprogestici androgenizzanti sviluppano pattern femminili.
Anche gli Intra Uterine Defice (IUD) contenenti progestinici androgenizzanti sarebbero in grado di indurre alopecia androgenetica.

3) Esiste un 10% di maschi che sviluppa il pattern femminile: sarebbe la stessa percentuale della Female Pattern Alopecia nelle donne e quindi una vera variante clinica di calvizie-.
Falso: circa il 40% di donne presenta questo pattern nel corso della propria vita ed esiste un continuum nelle varietà cliniche di FAGA: in Premenopausa le donne con Alopecia Androgenetica presentano nell’87% un pattern di Ludwig ed un 13% di Hamilton, mentre in Postmenopausa l’Alopecia Androgenetica presenta un pattern Ludwig nel 63% dei casi ed Hamilton nel 37%.
In soggetti maschi noi abbiamo evidenziato un altro raro pattern evolutivo con aspetto clinico misto tra le forme maschili e femminili, con conservazione della corona di capelli, ma presenza al di dietro di essa di uno stempiamento classico maschile (Fig.1).Questi casi rispondono bene alla Finasteride. A nostro avviso questo riscontro concorre a confermare un continuum clinico tra le forme femminili e maschili e quindi l’omogeneità della patologia.

4) Esistono casi di ipopituitarismo con assoluta mancanza di androgeni circolanti che sviluppano il pattern femminile.
L’unico caso descritto in letteratura era però sottoposto a terapie sostitutive (GH,steroidi ed estroprogenistinici potenzialmente virilizzanti) e aveva anamnesi familiare fortemente positiva per calvizie.
E’ pur vero però che non tutti i tipi di FAGA potrebbero avere la stessa eziopatogenesi.
L’iperprolattinemia ad esempio induce alopecia sia in maniera indiretta ( aumento androgeni), sia diretta (induzione del Catagen).
L’ipotiroidismo induce alopecia sia in maniera indiretta (diminuzione dell’SHBG),sia in maniera diretta (riduzione del rientro nella fase di crescita-Anagen-).
Gli ormoni femminili avrebbero un ruolo protettivo nella confronti dell’Alopecia Andogenetica attraverso una blanda inibizione della 5¦Á-reduttasi e l’attivazione del catabolismo degli androgeni.
Lo confermano le osservazioni empiriche di frequenti miglioramenti dell’Alopecia in corso di gravidanza o terapie estrogeniche sistemiche. Gli antiestrogeni e gli inibitori delle gonadotropine possono provocare alopecia (27). La terapia topica con 17-alfa-estradiolo allunga la durata dell’Anagen,anche se non in grado di aumentare la densità e lo spessore dei capelli come fa il Minoxidil (28).

5) Gli inibitori della 5¦Á-reduttasi e gli antiandrogeni non funzionano nel pattern femminile.
Falso: sono ormai numerose le dimostrazioni di efficacia di questi farmaci, con o senza presenza di un reale iperandrogenismo ematico. I farmaci più efficaci risultano essere Flutamide, Ciproterone Acetato, Spironolattone, ma anche Finasteride.

Ma allora perchè nel trial del 2000 la finasteride non dimostrò efficacia nelle alopecia femminili? Probabilmente una delle ragioni per cui anche alla verifica istologica- in quella sperimentazione non risultarono risultati positivi per la scelta, legata a ragioni legali, di donne non fertili, quindi soprattutto in menopausa. Anche in uomini oltre i 40 anni la Finasteride si infatti dimostrata meno efficace rispetto ai soggetti più giovani (38). Alla base di tutto questo potrebbe giocare un ruolo il riscontro più frequente nelle donne di un Kenogen prolungato e cio dell’allungamento della fase in cui il follicolo non produce un nuovo pelo dopo la caduta del vecchio, rispetto al fenomeno della miniaturizzazione.
Inoltre, mentre nel 9% dei casi di alopecia androgenetica maschile presente una moderata flogosi linfo-istiocitaria nelle strie di collagene subpapillare, nelle donne la percentuale arriverebbe al 43% e sarebbe più intensa. La dimostrata degranulazione mastocitaria con la conseguente attivazione fibroblastica da parte del TGF¦Â e la flogosi microvascolare possono portare direttamente o indirettamente a fenomeni di induzione del Catagen, fibrosi e atrofia follicolare.
Alla base di risultati terapeutici negativi o dubbi potrebbero però anche esserci diagnosi scorrette e questo ci porta a riprendere in considerazione la reale incidenza della FAGA.
Per Venning e Dawber in effetti tutte le donne oltre i 20 anni presenterebbero un diradamento nelle areee parietali e sarebbero quindi affette da alopecia androgenetica.
Ramsay e Rushton classificano tra le androgenetiche ( 86% dei loro casi di alopecie femminili ) anche pazienti con presenza di capelli vellus occipitali. Recentemente, con uno studio più attento alla valutazione dei diametri pilari e considerandone la disomogeneità nelle forme androgenetiche stata proposta un’incidenza dell’Alopecia Androgenetica (Ludwig I-II-III) nel 6% delle donne in premenopausa 38% dopo i 70 anni (42).Tutte le altre alopecie diffuse non dovrebbero quindi essere definite ‘calvizie femminile’ o FPA ed andrebbero sottoposte ad un approfondimento diagnostico strumentale e di laboratorio.
Le diagnosi differenziali più importanti sono da porre con il Telogen Effluvium Cronico, l’Alopecia Areata Diffusa/Incognita e l’Alopecia Cicatriziale Centrifuga.

La patologia più fonte di confusione con l’Alopecia Androgenetica senz’altro il Telogen Effluvium Cronico, sia perchè può simularla quando provoca diradamento centrale, sia perchè un’alopecia androgenetica che interessi la regione temporale in grado di a sua volta di simularlo (43). Inoltre il 20% dei casi di Telogen Effluvium Cronico può sfociare in una tipica alopecia androgenetica e quindi potrebbe esserci senz’altro una sovrapposizione tra le due forme. Per la diagnosi sono molto indicativi i reperti dermatoscopici, che dimostrano una maggiore densità e spessore dei capelli occipitali nell’alopecia androgenetica, e la presenza di più del 10% di capelli inferiori a 3 cm di lunghezza nel wash-test, rivelatori del processo di miniaturizzazione in atto. Anche l’Alopecia Areata Diffusa o Incognita può essere confusa con una Alopecia Androgenetica femminile oppure con un Telogen Effluvium. Si manifesta con diradamento diffuso in cui però sono visibili alcuni segni caratteristici della Alopecia Areata come gli Yellow Dots, capelli a punto esclamativo.
Tra le alopecie cicatriziali fonte di confusione possono essere l’Alopecia Cicatriziale Centrifuga e l’Alopecia Fibrosante Frontale, considerate varianti del Lichen Plano-Pilare. La prima simula un’alopecia tipo Ludwig, con diradamento centrale, con fenomeni flogistici,che però possono essere anche scarsi; la seconda invece comporta un innalzamento dell’attaccatura frontotemporale. In qualcuno di questi casi si sarebbe dimostrata utile la terapia con Finasteride (48,49), riportandoci così al discorso sul potenziale fibrotizzante mediato dal TGF¦Â- degli ormoni maschili.

Ricordiamo che il trattamento d’elezione per l’Alopecia Androgenetica femminile rimane ancora oggi, dopo 20 anni, il Minoxidil, alla concentrazione del 2% piuttosto che del 5%, per il rischio di ipertricosi. Ne è stata proposta la sua associazione con antiandrogeni per aumentarne l’efficacia e la monosomministrazione quotidiana in associazione con altri principi attivi come l’acido retinoico per migliorarne la compliance, difficile da mantenere con la doppia applicazione (52), soprattutto nella donna.
Un cenno infine merita la recente proposta terapeutica dei Laser a luce fredda nell’ambito della calvizie maschile e femminile, già utilizzati con successo nel campo della riparazione tissutale e che dimostrerebbero di poter accelerare la crescita dei capelli l’attivazione del loro ciclo soprattutto nell’area del vertice. La metodica peraltro innocua non però abbastanza suffragata da sufficienti riscontri su ampie casistiche controllate per poterne consigliare senz’altro l’adozione in alternativa ai trattamenti farmacologici e chirurgici (54).

Roberto d’Ovidio – Coordinatore Nazionale del Gruppo di Tricologia dell’AIDA
robdovi@tin.it

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Redazione Calvizie.net
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