Le cellule epiteliali della pelle possono originare dalle cellule staminali ematopoietiche. – 9 aprile 2002
Chi si occupa di clonazione dei capelli deve avere una precisa comprensione della natura delle cellule staminali che vengono impiegate per questa procedura. L’esplorazione delle possibili fonti di cellule staminali – oltre a quelle di origine cutanea, e spesso assai più accessibili e abbondanti – è una problematica di interesse in questo campo di indagine.
Questo resoconto presenta evidenze cliniche a sostegno del fatto che cellule staminali ematopoietiche provenienti da sangue periferico o da midollo osseo possono effettivamente differenziarsi in cellule epiteliali mature della pelle in seguito a trapianto.
Sono stati prelevati campioni dal fegato, dal tratto gastrointestinale e dalla pelle.
Lo studio è stato condotto su “pazienti che avevano subìto trapianto di cellule staminali ematopoietiche provenienti da sangue periferico o da midollo osseo”.
6 pazienti femmine hanno ricevuto un trapianto da donatore maschio.
In tutte e 6 le accettrici di questi trapianti a mis-corrispondenza sessuale [allude al fatto che donatore e accettore non sono dello stesso sesso, N.d.T.] è stata evidente la presenza di cellule di provenienza maschile (cellule positive XY) in una percentuale tra lo 0% e il 7% di tutte le cellule esaminate dei tessuti della pelle e del fegato. Queste cellule sono state rilevate nel tessuto del fegato già al giorno 13 e solamente al giorno 354 dopo il trapianto.
Questo studio dimostra che le cellule staminali adulte possono avere alta flessibilità e possono dare origine a tessuti sensibilmente differenti nelle loro strutture.
E’ possibile che, una volta interpretati i meccanismi che pilotano la differenziazione delle cellule staminali in queste versatili entità strutturate, le cellule staminali da sangue periferico possano essere usate nella clonazione dei capelli su larga scala.
Basato su: epatociti e cellule epiteliali di origine donatrice in accettori di cellule staminali da sangue periferico. N Engl J Med., marzo 2002.
Di: Korbling M. et al.
