Cellule staminali e capelli: da San Diego alcune novità

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tutti i diritti riservati riproduzione consentita purchè sia citata la fonte "www.calvizie.net"

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Mai come ora si può dire che Sansone non aveva tutti i torti: i capelli sono fonte inesauribile di forza e vita.

A dargli ragione è la scoperta fatta da un gruppo di ricercatori americani che ha studiato le potenzialità delle cellule staminali contenute nei bulbi piliferi, le strutture inserite nella cute che fanno crescere capelli e peli.

Grazie a esami di laboratorio condotti sui baffi di topo, simili a quelli umani, gli scienziati hanno osservato come queste staminali, di cui si conosceva la presenza già da una decina d’anni, siano in grado di differenziarsi in neuroni, muscoli, pelle e melanina.

Una nuova fonte di staminali per la ricerca. «Le applicazioni di questa scoperta saranno molte – spiega Robert Hoffman, docente di chirurgia all’università di San Diego e coautore dello studio – si potranno rigenerare i tessuti danneggiati da malattie neurologiche o ricostruire la pelle delle persone vittime di ustioni».
Con il progredire della ricerca, questa fonte di cellule staminali, ottenuta con semplici prelievi non invasivi, potrebbe permettere di curare la vitiligine e l’albinismo. E non per ultimo incentivare anche la ricrescita dei capelli.

La fabbrica dei neuroni.
«Una volta accertato che le cellule staminali contenute nei follicoli piliferi esprimevano la stessa proteina delle cellule staminali neurali – racconta Hoffman – abbiamo capito che si potevano produrre neuroni». Gli scienziati hanno isolato queste versatili cellule prelevate dai bulbi delle vibrisse dei topi e messe in una coltura contenente proteine che producono tessuto connettivo.
Dopo una settimana le cellule staminali si sono trasformate in neuroni. Dopo quindici giorni in cheratinociti, cellule che servono a sviluppare capelli, vibrisse, unghie, artigli. Dopo un mese le staminali sono diventate muscoli lisci.
Modificando poi il mezzo di coltura con un siero ricavato dai feti di bovini e aspettando un paio di mesi sono apparsi i melanociti, le cellule che producono la melanina, il pigmento che colora la pelle.
Gli studiosi hanno provato a impiantare le staminali sulla pelle nuda della cavia e dopo qualche tempo si sono differenziati dei neuroni.
Adesso il topo si chiama Sansone.

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