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Ancora sui “capelli 3D”

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Questa settimana vediamo l’altro lavoro di cui si è parlato in questi giorni, quello della Sanford Burnham Prebys dei  dottori  Alexey Terskikh e Geoff Hamilton, che pure punta ad ottenere follicoli dei capelli da trapiantare in numero illimitato.

La ricerca precedente

Di questo istituto di ricerca avevamo già parlato nel 2015 proprio illustrando l’importante lavoro di cui l’attuale studio rappresenta il proseguimento. Al tempo della prima ricerca erano state utilizzate cellule staminali embrionali umane (hESCs) ed era stato comunque fatto un tentativo anche con cellule umane adulte indotte a diventare staminali prluripotenti (iPSCs), queste ultime erano risultate più difficili da trattare e meno produttive nella conversione in cellule della papilla dermica del follicolo dei capelli.

Progressi importanti

Le cellule embrionali usate nella prima ricerca comportano noti problemi di tipo etico, essendo tratte da embrioni umani, inoltre sono disponibili in modo limitato e a costi elevati, mentre le staminali indotte rappresentano la risposta a queste problematiche perché derivano da cellule somatiche adulte (dei tessuti del corpo, non staminali) indotte a ritornare cellule staminali pluripotenti seguendo il percorso inverso che porta le staminali a differenziarsi in altri tipi di cellule. Utilizzare queste ultime significa poter attingere dalle cellule prelevate da individui adulti con un normale prelievo, ottenendo altissima disponibilità a costi irrisori.

capelli
Il dr. Terskikh di Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute. Stemson Therapeutics è invece la società fondata per la commercializzazione della tecnologia brevettata dall’istituto scientifico.

Trapianto autologo o allogenico ?

Nella presentazione di questa ricerca all’incontro annuale dell’ISSCR (la Società Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali, che non riguarda solo i  capelli) si è parlato della possibilità con questa tecnica di procedere a trapianti allogenici, ossia trapianti con materiale biologico derivato da un individuo diverso dal ricevente. Alcuni media sono caduti nell’errore di elogiare questa novità perché avrebbe permesso trapianti senza il rischio di rigetto trattandosi, secondo loro, di organi o tessuti tratti dallo stesso individuo, ossia di trapianti autologhi, che è esattamente il contrario di quanto è stato indicato nella presentazione di questa ricerca.

Questione di geni

Probabilmente si potranno fare i trapianti sia autologhi che allogenci, ma il trapianto allogenico potrebbe essere la vera soluzione per chi è affetto da calvizie di vario tipo, perché prelevando le cellule dello stesso individuo per il trapianto si avranno organi (i follicoli) geneticamente identici a quelli colpiti dai vari tipi di calvizie.  Con un trapianto autologo di questo tipo non si potrà contare sulla provenienza di questi follicoli da impiantare da zone non toccate dalla calvizie come accade con l’area donatrice (la nuca) dei normali trapianti.

Con altre forme di calvizie come l’areata, il problema potrebbe essere anche maggiore, si pensi per esempio all’areata totale (perdita di tutti i capelli) o universale (perdita di tutti i peli del corpo e dei capelli), col trapianto autologo si andrebbero a trapiantare follicoli del tutto identici a quelli scomparsi, col rischio di perderli allo stesso modo.

3D, in che senso ?

Per queste ricerche si è parlato di “capelli 3D”, ma abbiamo visto che non si tratta di capelli finti da trapiantare prodotti da stampanti 3D (progetto che pure esiste). Per il lavoro della Columbia Un. si trattava di stampini prodotti con stampa 3D per creare i forellini in cui ospitare il materiale biologico che darà luogo ai follicoli dei capelli. Nel caso di questa ricerca si tratta invece di mini-strutture che direzionano il follicolo verso l’esterno della cute e che ne garantiscono lo sviluppo su tre dimensioni.

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I capelli generati che spuntano dalla cute dei topi glabri e i follicoli sottopelle (Credit: Sanford Burnham Prebys).

Tutore e non solo

Di questa struttura si è parlato come di un “tutore” analogo a quelli utilizzati per far crescere dritte  le piante, ma questa, oltre al gambo che direziona il follicolo, ha alla base una specie di ampolla che ospita il bulbo (matrice e papilla dermica) del follicolo. Il materiale della mini-struttura sarebbe quello utilizzato per i punti di sutura assorbibili e ricreerebbe un’unità follicolare simile a quelle che vengono trapiantate con la tecnica FUE.

Banca dei capelli

Alla luce di tutto questo pare che l’obiettivo finale sia costituire una specie di banca dei capelli da trapiantare con le varie tipologie e colori di capelli con cui effettuare i trapianti. Per la questione del rigetto è possibile che si segua la compatibilità dell’antigene HLA.

Le due ricerche sono accomunate dall’avere utilizzato cellule epiteliali, i cheratinociti, di topo e cellule delle papilla dermica umane (iPSCs), tuttavia la ricerca della Sanford-Burnham ha prodotto capelli pigmentati quindi potrebbe essere più avanti di quella della Columbia University e il prossimo passo dovrebbe essere quello di utilizzare cellule epiteliali e della papilla dermica entrambe umane.

 

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Redazione Calvizie.net
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