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Idrocortisone nella terapia anticalvizie

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Cortisone e iperandrogenismo nelle donne

Il cortisone e alcuni suoi derivati, somministrati per os, sono i farmaci di scelta per sopprimere l’increzione di ACTH nelle forme di iperandrogenismo di origine surrenalica.

Si tratta, per lo più, di deficit enzimatici surrenalici ad espressione incompleta e tardiva riguardanti la 21 idrossilasi o la 11 idrossilasi. Queste forme di iperandrogenismo si osservano soprattutto in pazienti di sesso femminile, anche perché nel maschio passano facilmente indiagnosticate.

La paziente lamenta un defluvio a tipo androgenetico, acne, irsutismo e amenorrea. L’esame clinico può mettere in evidenza altri segni di virilizzazione, quali lo sviluppo delle masse muscolari e l’ipertrofia del clitoride.

Gli esami di laboratorio e la clinica permettono di distinguere questi casi dalla sindrome di Stein-Leventhal e dalla sindrome di Cushing, nelle quali è presente iperandrogenismo. Un’ecografia pelvica è indispensabile per escludere o confortare la diagnosi nel sospetto di una policistosi ovarica. Alcuni esami vanno eseguiti sistematicamente, in questi casi, perché permettono di valutare l’entità dell’iperandrogenismo e precisarne la diagnosi.

I dosaggi urinari delle 24 ore di 17-ketosteroidi, 17-OH corticosteroidi, pregnanetriolo, pregnandiolo, estrogeni, cortisolo, androsterone ed etiocolanolone potranno orientare la diagnosi.

Più penetranti sono i dosaggi plasmatici (da eseguirsi fra il 1° ed il 7° giorno del ciclo) e interessano: testosterone, 17-OH-progesterone, ACTH, DHEAS, gonadotropine e prolattina. Il dosaggio plasmatici del progesterone e del 17-OH-progesterone (precursori metabolici del cortisolo) portano, se elevati, alla diagnosi di iperandrogenismo surrenalico da deficit di 21 idrossilasi. In questo caso, si possono trovare elevati anche l’ACTH, il DHEAS, l’androstenedione e il testosterone.

Alti valori plasmatici di 11-desossicortisolo e di 11-desossicoticosterone, oltre che del 17-OH-progesterone, sono tipici del deficit della 11 idrossilasi.
Le prove dinamiche sono decise in funzione degli esami clinici e hanno lo scopo di orientare verso una concomitante patologia ovarica e di confermare la diagnosi delle forme fruste dei deficit enzimatici.

L’esplorazione del surrene prevede il test di stimolazione con ACTH e il test dei inibizione con desametasone. L’esplorazione dell’ovaio si esegue stimolando le gonadi con gonadotropine durante l’inibizione surrenalica. Prima di iniziare una così complessa indagine clinica, deve essere anche esclusa una patogenesi iatrogena, le terapie con derivati del testosterone (in passato impiegati per i fibromiomi emorragici uterini) e la frequente somministrazione di steroidi anabolizzanti.

Corticoterapia

Oltre all’effetto androgenizzante degli estroprogestinici utilizzati a scopo anticoncezionale, è bene ricordare anche la corticoterapia ad alte dosi con cushing iatrogeno.

La terapia sarà il più possibile causale: in caso di etiologia iatrogena, alla sospensione del farmaco responsabile, indispensabile ma non sempre sufficiente a far regredire il quadro, potrà essere utilmente associata una terapia antiandrogena.

Un tumore ovarico o surrenalico sarà trattato chirurgicamente. Quando si tratta di iperandrogenismo di origine ovarica, si pone spesso il problema di una sindrome di Stein-Leventhal, la cui terapia prevede una resezione cuneiforme delle ovaie o l’utilizzazione di un estroprogestinico a forte contenuto in estrogeni (magari accoppiando etinilestradiolo e medrogestone o medrossiprogesterone, senza ricorrere ai preparati antifecondativi commerciali che spesso poco adatti).

Allorchè si tratti di un’iperplasia surrenalica congenita a comparsa tardiva si potraà tentare l’inibizione con desametasone, prednisone, idrocortisone o cortisone.
Lo steroide si somministra alla sera alla dose di 0,5 mg di desametasone o di 5 mg di prednisone o equivalenti, in dose cioè pari circa alla secrezione fisiologica quotidiana di cortisolo.

Questa terapia blocca la secrezione ipofisaria di ACTH, riporta alla norma la produzione di androgeni surrenalici, stabilizza la cortisolemia su livelli fisiologici. Nella donna, questa terapia può essere accoppiata a terapia estroprogestinica femminilizzante (ad esempio etinilestradiolo 35 microgrammi + ciproterone 2 mg). Il trattamento deve essere protratto indefinitamente, valutando poi i livelli di androgeni urinari e/o ematici.

La terapia corticosteroidea in tricologia

La terapia topica corticosteroidea in tricologia viene generalmente sconsigliata dalla maggior parte degli autori.

I cortisonici fluorurati hanno provocato, con il loro uso e abuso, danni cutanei come atrofia, acne steroidea, dermatite periorale. Tuttavia, si ritiene che la maggior parte di questi danni siano da attribuire, in realtà, all’alogeno introdotto nella molecola per esaltarne la potenza e allungarne l’emivita, e che i corticosteoidi debbano essere attentamente rivalutati.

Perché usare i corticosteroidi contro il defluvio androgenetico?

Le ragioni per cui si ritiene valido usare corticosteroidi, in particolare l’idrocortisone (cortisolo), nella terapia locale del defluvio androgenetico sono le seguenti:

  1. In caso di seborrea, l’uso di un blando corticosteroide non alogenato è utile per controllare l’eritema e la desquamazione, oltre che per rimuovere il sebo, mettendo cosi’ la cute in condizioni di poter ricevere meglio le altre terapie topiche.
  2. Il cortisolo facilita le attività mediate da cAMP (Iizuka H. – Voorhees J.): probabilmente mediante un blocco della fosfodiesterasi (Zanussi C.) e attivando l’adenilciclasi, contribuendo così ad attivare il metabolismo energetico del tricocheratinocita.
  3. Il cortisolo attiva la neoglicogenesi delle cellule della matrice e della papilla del bulbo pilifero, analogamente a quanto avviene nel fegato. Il glicogeno si accumula nel citoplasma cellulare durante il telogen e viene consumato durante l’anagen (De Villez R.L.). Il cortisolo consente, quindi, una produzione di glicogeno garante della omeostasi glicidica ed energetica del capello.
  4. Il cortisolo si lega debolmente ai recettori degli androgeni, riduce l’attività enzimatica della 5 alfa reduttasi e compete, sia pur blandamente, con il diidrotestosterone per il recettore citosolico.
  5. Esso è probabilmente capace di incrementare i fenomeni di aromatizzazione del follicolo pilifero, analogamente a quanto dimostrato nel tessuto adiposo (Salerno R.).

L’uso topico di cortisonici può, quindi, risultare vantaggioso dato che si pone a cavallo fra le terapie endocrine e quelle intese a modulare, attraverso il sistema adeniciclasi-cAMP, il metabolismo energetico del bulbo pilifero.

Inoltre, i cortisonici risultano particolarmente utili anche nella terapia di effluvi, nei quali centinaia di capelli entrano, quotidianamente e contemporaneamente, in fase telogen (fase finale del ciclo vitale).

Come si usa l’idrocortisone?

Per applicazioni quotidiane, si può usare localmente l’idrocortisone emisuccinato all’1-2% in preparazione galenica idro alcolica 70-80%, l’idrocortisone 17-butirrato all’0,1% in alcol isopropilico 50% (specialità etica), il prednacinolone acetonide 0,05% in glicole propilenico e molte altre preparazioni etiche.

In caso di effluvi, è bene ricordare che esso spesso si stabilizza e si arresta rapidamente, nel giro di qualche settimana. Tuttavia, se l’effluvio è particolarmente intenso (da un centinaio a un migliaio di capelli caduti al giorno), si consiglia una fiala intramuscolare di 6-metilprednisolone acetato 40 mg, ripetuta ogni 7 giorni per 3 volte.

 

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Redazione Calvizie.net
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