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Calvizie da Covid e nuove terapie

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Covid e calvizie

I primi studi sul Covid e la calvizie sono stati di tipo epidemiologico e osservazionale. E’ stato constatato che la maggior parte delle persone ricoverate per Covid sono di sesso maschile. Queste mostrano alopecia androgenetica, ossia calvizie comune. Sembra che questo dipenda dal ruolo degli ormoni androgeni nel regolare l’espressione del recettore ACE 2 (enzima di conversione dell’angiotensina 2) e della proteina TMPRSS 2 (serin proteasi trasmembrana 2). Si tratta di effettori nel processo di ingresso del virus nella cellula umana. Per i ricercatori questi effettori sono essenziali nelle cellule delle vie aeree per determinare l’infezione da SARS-CoV-2.

Pertanto i dati finora raccolti indicano che i pazienti ricoverati in ospedale con Covid hanno in prevalenza calvizie con una gravità elevata. In particolare i pazienti con calvizie più avanzata hanno avuto esiti clinici peggiori (uso di ventilatori e decessi).

Calvizie da Covid

Negli ultimi anni molte pubblicazioni scientifiche hanno trattato i disturbi della salute legati al Covid. In questi anni è aumentata in modo correlato l’apprensione collettiva per la calvizie e il numero crescente di casi di Covid. Inoltre si stima che anche gli aspetti psicologici della pandemia possano causare o  aggravare la calvizie.

Fig.1: l’effluvio in telogen è uno degli effetti collaterali più comuni che si manifestano dopo il Covid.

Diradamenti post-Covid

L’alopecia diffusa sembra rappresentare un importante effetto collaterale del Covid. Proprio a Wuhan, la città cinese da cui è partita l’infezione, è stato realizzato uno studio su 538 sopravvissuti al Covid e su 184 controlli. L’alopecia è risultata tra i disturbi più comuni nei pazienti convalescenti dopo alcuni mesi dalla dimissione, con una maggiore frequenza per le donne. Infatti oltre la metà delle donne partecipanti ha iniziato a perdere i capelli dopo aver contratto il Covid, mentre nel gruppo di controllo questo non è avvenuto.
Più della metà dei partecipanti di sesso femminile ha iniziato a perdere i capelli, a differenza del gruppo di controllo, che non ha registrato casi di questo tipo.

Il 73% delle persone colpite ha iniziato a notare la calvizie dopo la dimissione, mentre il 27% l’ha sviluppata durante il ricovero in ospedale. Almeno per una parte dei casi di alopecia di recente insorgenza in questo studio si ritiene di avere sviluppato una calvizie femminile precoce oppure di averla peggiorata. Questo considerando la tempistica di manifestazione dei sintomi.

Infiammazione da Covid

Il Covid può aumentare i livelli plasmatici di importanti citochine pro-infiammatorie quali
IL-1, IL-6, IL-2, IL-17, interferone (IFN-), la proteina 1 chemioattrattante dei monociti (MCP-1), IP-10 e molte altre. Ciò può provocare un’infiammazione sia locale che sistemica nei pazienti sia in fase acute che nella convalescenza.

fisiologia capello

Fig.2: il ciclo di vita dei capelli.

Effetto sui capelli

Un aumento così repentino dei livelli di numerose citochine nel sangue nei pazienti con Covid espone le cellule dei tessuti che compongono i follicoli dei capelli a forze inibitorie e disgreganti. Di conseguenza il ciclo di crescita dei capelli e il progredire della calvizie subisce una notevole accelerazione. Questo meccanismo può spiegare la rapida insorgenza della calvizie in seguito all’infezione da SARS-CoV-2. Pertanto lo stress ossidativo e l’infiammazione risultano fondamentali per l’innesco della calvizie e dell’effluvio in telogen correlati al Covid.

Anche l’ipossia?

Un altro meccanismo patogenetico ipotizzabile collega le lesioni polmonari legate alla SARS-CoV-2 con una ridotta crescita dei capelli è l’ipossia.  Si tratta della carenza di ossigeno, che può provocare ischemia cutanea. Alcuni test ex vivo e in vivo hanno mostrato che i capelli in fase anagen esposti all’ischemia subiscono una significativa riduzione del tasso di crescita delle dimensioni del fusto e del colore.

Il test clinico

Una recente pubblicazione  del dott. Pietro Gentile dell’Università di Roma “Tor Vergata”, ha illustrato i risultati di un test clinico svoltosi per 5 mesi su 10 soggetti (6 maschi e 4 femmine) con calvizie post-Covid. I pazienti, con un età dai 23 ai 68 anni, presentavano calvizie dal grado I ai III della scala Hamilton per i maschi e di grado I al II della scala Ludwig per le femmine. La terapia è consistita nell’uso 2 volte alla settimana per 20 settimane di un dispositivo denominato Hairgen Booster®, prodotto da una ditta sudcoreana.

Fig.3: Il dispositivo elettronico usato per i test (A). La fiala con gli attivi e con i microaghi (B). Le luce rossa (C) e quella blu (D) emesse dai diodi LED posizionati in modo da restare sempre alla distanza utile dallo scalpo (immagine tratta dallo studio qui illustrato).

Il dispositivo a tripla azione

Questo dispositivo elettronico effettua in contemporanea un microneedling, una fototerapia a bassa intensità (LLLT) e somministra apposite soluzioni a base di fattori di crescita e di peptidi bio-mimetici.  Questi ultimi somministrati tramite infiltrazione sterile nello scalpo. Secondo la casa produttrice il dispositivo andrebbe usato a casa per 10 minuti per ogni applicazione. Ai pazienti del test è stata comunque indicata un’area di osservazione da trattare e un’area di controllo in cui non effettuare il trattamento.

I fattori di crescita

I fattori di crescita e i peptidi biomimetici somministrati con l’azione di questo dispositivo sono : l’ormone della crescita umano (GH), il fattore di crescita epidermico (EGF), il peptide intestinale vasoattivo (VIP) e alcuni polipeptidi (sh-Polypeptide-7, sh-Oligopeptide-1, sh-Polypeptide-71). Gli altri componenti non attivi di questi preparati sono la glicerina, la lecitina, il polisorbato 60, il citrato di sodio, l’acido citrico, il fenossietanolo e l’acqua.

Fig.4: Il risultati dopo 5 mesi di trattamento su un paziente con grado III Vertex della scala Hamilton ((immagine tratta dallo studio qui illustrato)

I risultati

Dopo i 5 mesi di trattamento l’obiettivo primario era la valutazione della densità nella zona trattata. Questa ha mostrato un incremento di +11 capelli al cm2, partendo da una media di 47 capelli/cm2 per arrivare alla media di 58 capelli/cm2. Questo significa un incremento di +23,5% dei capelli nelle zone trattate. A questo risultato andrebbe aggiunto quello di -4,3 capelli/cm2 in media riscontrato nelle zone non trattate. Proprio quest’ultimo dato dovrebbe confermare l’efficacia della triplice terapia e che il recupero dei capelli non sia avvenuto per la cessazione dopo 5 mesi degli effetti del Covid.

Alcuni confronti

Questi risultati sono simili a quelli ottenuti in altri test clinici con terapie analoghe, ma non su pazienti reduci dal Covid. Uno studio sulla fototerapia LLLT aveva mostrato incrementi di +10,21 capelli al cm2 dopo sei mesi di trattamento contro +3,95 ottenuto con il dispositivo finto. Uno studio precedente dello stesso autore su persone con calvizie comune usando mincroneedling e LLLT aveva ottenuto in media +12 capelli/cm2 in 4 mesi di applicazione.

Sinergie vincenti

A livello generale anche questo test clinico, sebbene svolto su pazienti affetti da perdita dei capelli post-Covid, pare confermare che le tecniche anticalvizie introdotte negli ultimi anni come il microneedling e la fototerapia LLLT, hanno un’efficacia che può essere migliorata ulteriormente accostandole ad altre terapie di provata efficacia.

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