Le sclerodermie sono dermatosi croniche, anch’esse autoimmuni, caratterizzate da insidiosa e lenta trasformazione, circoscritta o diffusa, della cute che assume un aspetto cicatriziale, ispessito, non sollevabile in pieghe e un colore simile alla cera o all’alabastro.
Nell’ampia dizione di “sclerodermia” rientrano sia forme localizzate, puramente dermatologiche, contraddistinte da chiazze a limiti netti a volte circondate da un caratteristico bordo rosso-lilla, con decorso autolimitato benigno, sia forme diffuse ad andamento progressivo in cui lo stato sclerodermico inizia subdolamente, ad esempio alle mani, al torace, al volto, per poi diffondersi alle zone adiacenti costruendo in ultimo intorno al soggetto una specie di “armatura” che rende difficoltosi o impedisce del tutto i movimenti articolari; in un periodo successivo vengono interessati altri organi, l’esofago, l’intestino, i polmoni, il cuore etc con esito finale quasi sempre fatale.
La patogenesi della sclerodermia è attualmente prospettata come immunologica: nel siero, con l’immunofluorescenza indiretta, sono dimostrabili anticorpi contro vari apparati (collagene, mitocondri, apparato del Golgi, centrìolo etc) ma, soprattutto (60-80% dei casi), anticorpi antinucleo cellulare (A.N.A.) diretti contro i nuclei delle cellule endoteliali dei capillari dermici che, secondo molti Autori, rappresenterebbero la primitiva lesione della sclerodermia sistemica. L’istologia è caratterizzata essenzialmente da ipertrofìa (aumento di volume) e neoformazione di fasci di collagene e da progressiva iperplasìa dell’intima dei vasi (aumento del numero delle cellule che rivestono la parete interna del vaso, quella cioè a contatto con il sangue), soprattutto arteriolari, fino a stènosi completa del lume.
La terapia, prolungata e spesso inconcludente, si basa su corticosteroidi, griseofulvina e farmaci vasoattivi per le forme sistemiche e su corticosteroidi locali e antimalarici di sintesi per via generale per quelle circoscritte.