Così come il testosterone dereprime il gene della calvizie, gli estrogeni lo reprimono.
Benché siano stati identificati nelle urine di donne gravide oltre 30 steroidi ad attività estrogenica, ed almeno 10 siano presenti nelle urine di donne in età fertile al di fuori della gravidanza, nella pratica clinica hanno importanza solo i tre classici estrogeni: estrone (E1), estradiolo (E2), estriolo (E3).
L’estradiolo si trova in equilibrio nel plasma con l’estrone e i due steroidi sono tra loro interconvertibili; l’estrone può convertirsi in estradiolo irreversibilmente. Nella donna in età fertile oltre il 90% degli estrogeni ovarici sono secreti come estradiolo che è anche lo steroide più attivo del gruppo.
A livello del follicolo del capello l’estrone (ma non l’estradiolo) attiva l’adenilciclasi delle cellule della matrice e della papilla.
I follicoli in telogen, fin dall’inizio del catagen, trasformano androstenedione ed estradiolo in estrone, con aumento delle concentrazioni di cAMP, fino a dare il via ad una nuova fase anagen modulando la fornitura di energia necessaria per la sintesi della cheratina ed attivando la produzione di HrGF dei cheratinociti staminali del bulge. Inoltre gli estrogeni circolanti diminuiscono la quota libera e attiva di testosterone nel plasma, favorendo la produzione epatica di Sex Hormone Binding Globulin (SHBG).
I follicoli in anagen producono invece diidrotestosterone da testosterone, con inibizione della adenilciclasi e calo dei livelli di cAMP fino al telogen.
Un primo tentativo terapeutico del defluvio in telogen androgenetico, riservato sesso femminile, potrà quindi basarsi sull’uso di estrogeni per via generale.
L’etinilestradiolo viene somministrato di norma dal 5° al 21° giorno del ciclo a dosaggi variabili da O,01 a O,1 mg pro die. Gli estrogeni coniugati vengono somministrati a dosi variabili da 0,625 a 2,50 mg pro die.
Notiamo che questi dosaggi (specie se si considera che l’effetto biologico dell’etinilestradiolo è almeno 10 volte superiore a quello dell’estradiolo naturale) sono piuttosto alti se paragonati alla quantità fisiologica degli estrogeni secreta giornalmente dall’ovaio che varia, a seconda dei diversi momenti del ciclo, da 0,15 mg a 0,5 mg die (estradiolo: 0,08-0,25; estrone: 0,11-0,24).
Questi dosaggi soprafisiologici possono dar luogo ad effetti secondari: metrorragie, melasma del viso, candidosi vaginale, disturbi vascolari etc. La terapia con estrogeni nella donna fertile verrà quindi, più convenientemente, consigliata in associazione con progestativi con netta riduzione degli effetti secondari.
La terapia topica con estrogeni, da tempo proscritta, meriterebbe una riconsiderazione e una revisione.
Gli estrogeni sono dotati di un buon assorbimento transcutaneo, valutabile nel 10-14%, ed il loro uso topico ha in passato dimostrato un effetto sistemico evidente.
Pur con questa limitazione il loro utilizzo nel defluvio androgenetico perimenopausale della donna, tenuto conto delle controindicazioni generali all’uso di estrogeni, appare razionale e scevro da effetti indesiderati.
Per uso topico lo steroide più attivo, in senso tricologico, sembra essere il debole estrone a concentrazioni intorno allo 0,02%. L’applicazione topica a tale concentrazione comporta un totale di 0,2 mg di ormone per ml di soluzione; con un assorbimento del 10% (teorico) si potrà valutare la dose assorbita intorno a 0,02 mg e considerando la potenza dell’estrone per via generale (pari a circa 1/20 di quella dell’estradiolo), si vede come questo assorbimento (pari come attività ad una dose di 0,001 mg di estradiolo) potrà essere accettato come sicuro.
L’estrogeno ideale in senso tricologico potrebbe essere identificato nell’estrone solfato; questo è certamente utilizzabile dal follicolo pilifero corredato di solfatasi ed in grado di trasformarlo in estrone ma è completamente inattivo se assorbito come tale dal circolo sistemico.
Perché privo effetti sistemici l’uso topico di estrone solfato è da possibile anche nel maschio.
La attuale difficile reperibilità sul mercato dell’estrone solfato ci fa utilizzare gli estrogeni coniugati equini, composti da estrone solfato per l’48%, da equilina solfato per il 26%, da 17 alfa diidroequilina solfato per il 15% e poi da piccole quantità di 17 alfa estradiolo, equilenina, e 17 alfa diidroequilenina, tutti sotto forma di sali sodici e loro esteri solforici. Si sappia che l’emivita plasmatica dell’equilina è molto lunga, tanto che dopo somministrazione parenterale se ne possono reperire in circolo quantità apprezzabili anche dopo tre mesi.
Presupposto teorico della terapia è che l’alopecia androgenetica sia dovuta a scarsa impregnazione estrogenica dei follicoli del cuoio capelluto.
Per la terapia si usa una soluzione idro alcolica (etanolo 70°) di estrogeni coniugati allo 0,02% applicata sulla parte alta del cuoio una volta al giorno, o a giorni alterni, nella dose di 2 ml (=0,4 mg di principio attivo). I risultati sono apprezzabili in ambedue i sessi (vedi Marliani “la terapia medica della Calvizie comune”).
Degno di nota il fatto che mai abbiamo avuto segnalazioni di effetti collaterali dovuti ad azione generale degli estrogeni, questo perché la soluzione impiegata contiene principalmente estrone solfato, steroide biologicamente inattivo e utilizzabile solo da tessuti muniti di solfatasi e quindi in grado di desolfatarlo, come appunto il follicolo pilifero e/o l’intestino (il che ne rende possibile la somministrazione orale).