Le ricerche in tema di ereditarietà della calvizie sono rese difficili dal fatto che il gene responsabile sembra avere una penetranza estremamente variabile.
Se in un albero genealogico è infatti facile definire come calvo chi ha una vera calvizie a corona, assai più difficile risulta inquadrare chi presenta solo una ipotrichia (un lieve diradamento).
Comunque, anche la sola esperienza di ogni giorno, ci fa vedere che gli alberi genealogici presentano una successione di individui calvi, e che il figlio di un calvo ha molte probabilità di diventare calvo: ciò prova, fuor di ogni dubbio, che la calvizie comune ?androgenetica? è ereditaria.
Come comportamento pratico ad un giovane che lamenta una caduta di capelli e teme una futura calvizie ma che non presenta una obbiettiva ipotrichia (o comunque non presenta ipotrichia di quelle zone che sono il bersaglio della alopecia androgenetica come tempie e vertice) chiederemo notizie sullo stato dei capelli del padre, degli zii materni, del nonno materno e gli faremo riempire, su un albero genealogico già predisposto, la sua anamnesi familiare per calvizie.
Ci impegneremo in una terapia per alopecia androgenetica solo se risulterà dall’anamnesi una vera ereditarietà per calvizie. Se una ipotrichia è comunque presente ma diffusa a tutto il cuoio capelluto o a zone che non sono androgeno dipendenti (e non sarà quindi una ipotrichia ?androgenetica?) dovremo cercare altre cause o ?incidenze’ che possono averla provocata, per cercare di rimuoverle o correggerle, senza mai farci prendere la mano da facili quanto inutili prescrizioni.
Sarà necessaria una anamnesi mirata, dovremo far eseguire gli esami ematologici serici di base per ?incidenze’ e, pertanto, valuteremo in prima istanza: emocromo, ves, glicemia, transaminasi, yGT, ferritina zinchemia, magnesiemia, fT4, TSH, prolattina di base.
Successivamente un esame microscopico di capelli appena estratti e osservati in luce polarizzata ( od almeno un Wash test modificato ed un tricogramma classico) ed eventualmente una biopsia, ci daranno, quasi sempre, quelle informazioni diagnostiche e prognostiche per una diagnosi corretta e quindi per permetterci una terapia vera, causale, razionale.
In ogni caso non dovremo mai sottovalutare il ?disagio? psicologico del giovane paziente (patiens = colui che soffre). Anche se il nostro paziente crede soltanto (ed a torto) di perdere i capelli, lo terremo sotto sorveglianza attenta, onesta e mai stringente o soffocante, perché non diventi la facile ?preda? di qualche ?centro tricologico?, di qualche ?tricologo?, di qualche ?mago? o anche (purtroppo) di qualche ?collega? con pochi scrupoli.
Per tornare ora, dopo una dovuta divagazione, nello specifico del tema (l’ereditarietà, la prognosi le possibilità terapeutiche della Calvizie Comune) ricordiamo come la moltiplicazione delle cellule della matrice del capello e la sintesi della sua cheratina sono tonicamente sotto il controllo e l’interazione di fattori di crescita, uno stimolante (HrGF) ed uno inibente (TGF beta e forse EGF, noradrenalina, interleuchine, interferon).
Il ciclo anagen-catagen-telogen è, essenzialmente, controllato dagli steroidi sessuali e dal metabolismo del glucosio.
Gli ormoni steroidi, gli androgeni e gli estrogeni, determinano la durata e la qualità dell’anagen e la differenziazione dei peli in anagen VII terminali, anagen VI terminali, pseudodisplasici, displasici, alopecici e vellus; permettono cioè che il genotipo diventi fenotipo.
Alla pubertà ai maschi crescono la barba, i peli sul torace e sul dorso e, poco dopo, comincia la perdita dei capelli, nei soggetti geneticamente predisposti (Hamilton J.).
Nelle donne l’ipertricosi è un sintomo importante di molte endocrinopatie associate ad iperproduzione di androgeni. I differenti effetti degli androgeni sui vari gruppi piliferi umani, nelle diverse sedi, portano all’ipotesi che esistano differenze nella trascrizione nucleare indotta dal messaggio ormonale, intesa come derepressione o repressione di geni, o a quella, peraltro non incompatibile con la precedente, che l’aromatizzazione ad estrogeni possa essere molto più attiva in certe zone rispetto ad altre (Schweikert H.U. – Marliani A.).
La conversione intracitoplasmatica del testosterone nel metabolita attivo diidrotestosterone, ad opera dell’enzima 5 alfa reduttasi, nodo centrale del controllo steroideo del ciclo del capello, avviene in presenza del coenzima NADPH2 la cui disponibilità è fattore di controllo e regolazione del metabolismo dell’ormone.
Il diidrotestosterone si combina quindi con un recettore citosolico, di natura proteica, a formare un complesso che entra attivamente nel nucleo cellulare, si coniuga successivamente con la cromatina a livello di un recettore specifico e, tramite la formazione di mRNA, deprime (o induce) la sintesi proteica a livello ribosomiale (Farthing M.J.).
In carenza di NADPH2, donatore di idrogenioni, ma in presenza di NAD, accettore di idrogenioni, il testosterone è convertito in androstenedione (= ossidato) dalla 17 beta idrossisteroido-deidrogenasi (Adachi K.) e poi aromatizzato ad estrone (Schweikert H.U.).
L’energia per la sintesi proteica per il follicolo in anagen è fornita dal metabolismo del glucosio, che costituisce il secondo sistema fondamentale di controllo del ciclo del capello.
Nel follicolo in anagen l’utilizzo del glucosio è aumentato del 200% rispetto al follicolo in catagen.
Anche la glicolisi risulta aumentata del 200%, l’attività del ciclo degli esosofosfati dell’800% e il metabolismo glucidico attraverso altre vie del 150% (Halprin K.M. – Parker F.).
Il cambiamento metabolico più importante nel passaggio dalla fase catagen alla fase anagen consiste nell’attivazione dello shunt degli esosofosfati (Parker F.).
Lo shunt produce grandi quantità di NADPH2, per la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone, realizzando così un primo fondamentale controllo a retroazione sulla durata dell’anagen.
L’utilizzo del glicogeno, di cui è ricca la guaina connettivale e la papilla dermica alla fine del catagen, l’attivazione della glicolisi, ed in definitiva la fornitura di energia al follicolo pilifero, è funzione della disponibilità di fosforilasi che dipende dai livelli intracellulari di Adenosin Monofosfato Ciclico (cAMP) (De Villez R.L.).
L’ cAMP è così un altro fattore che media attraverso una diversa via gli effetti degli ormoni sessuali sul follicolo pilifero (Adachi K.).
La teoria dell’cAMP ?secondo messaggero? presuppone che il primo messaggero, un ormone in senso classico, sia trasportato nel plasma fino al suo recettore sulla membrana della cellula bersaglio.
Con l’intermediazione di una prostaglandina PGE2 (Sauk J.J.), ed in presenza di Mg o Mn, una sub unità catalitica della adenilciclasi produce cAMP da ATP.
l’cAMP inizia la fisiologica cascata di attivazione di proteine chinasi che porta all’attivazione della fosforilasi. Durante l’anagen anche l’attività (o la disponibilità) della esochinasi, che trasforma il glucosio ematico in glucosio 6-fosfato, dipende dai livelli di proteina chinasi attiva.
Sappiamo oggi che:
1) il diidrotestosterone, ma non il testosterone né l’androstenedione, è in grado di inibire l’adenilciclasi e riduce la disponibilità di cAMP ai follicoli piliferi (Adachi K.),
2) l’estrone, ma non l’estradiolo, invece attiva l’adenilciclasi quindi aumenta la disponibilità di cAMP delle cellule follicolari (Parker F.)
3) le cellule della matrice del pelo sono in grado di metabolizzare, in presenza di NADH2, il testosterone ad androstenedione (De Villez R.L.)
4) il follicolo pilifero è in grado di aromatizzare l’androstenedione ad estrone (Schweikert H. U.).
C?è una stretta relazione fra i follicoli in anagen che producono diidrotestosterone da testosterone, con calo dei livelli di cAMP fino al catagen ed al telogen, e i follicoli in catagen che metabolizzano testosterone ad androstenedione (De Villez R.L.) ed androstenedione (Schweikert H.U.) ed estradiolo (Parker F.) in estrone, con aumento delle concentrazioni di cAMP, fino all’inizio del un nuovo anagen.
I processi di aromatizzazione del follicolo pilifero durante l’anagen sono essenziali a mantenere l’anagen stesso. Durante il catagen determinano la qualità dell’anagen successivo.
Dunque l’cAMP modula la fornitura della energia necessaria alla sintesi della cheratina innescando un sistema di proteine chinasi, che attiva la fosforilasi e controlla la funzione della esochinasi. <BR< Tutto ciò avviene in presenza Ca Mg e con consumo di ATP.
La proteina chinasi, la cui attivazione costituisce la prima tappa della cascata, costa di una sub unità regolatrice (R) e di una sub unità catalitica (C).
Unite queste sub unità non sono attive.
l’cAMP lega la sub unità R e libera la sub unità C che così può innescare la catena metabolica.
La sub unità C attivata controlla però anche alcuni sistemi di contro regolazione di cui il più importante è l’inibizione dell’enzima fosfofruttochinasi che, nella glicolisi, presiede alla trasformazione del fruttosio 6-fosfato in fruttosio 1,6-difosfato. L’inibizione della fosfofruttochinasi devia il metabolismo del glucosio verso lo shunt degli esosomonofosfati con produzione di NADPH2, con incremento di attività della 5 alfa reduttasi e maggior produzione di diidrotestosterone che, a retroazione, conduce ad inibizione dell’adenilciclasi e quindi della produzione di cAMP.
Inoltre sub unità C attiva rallenta la sintesi delle proteine a livello della trascrizione dell’RNA messaggero ed interferisce con il ciclo cellulare nelle fasi G1 ed S (Voorhees J.J.).
Così, livelli troppo alti di cAMP provocano prematuramente il telogen del capello (Adachi K.) per inibizione delle mitosi della matrice e livelli troppo bassi portano ancora al telogen per carenza dell’energia necessaria alle sintesi proteiche (Comaish S.).
Nel primo caso però avremo, dopo il catagen, un nuovo valido ?anagen VI? (cioè la ricrescita di capelli normali), nel secondo caso avremo invece la ricrescita di un capello sempre più involuto fino all’alopecico o al vellus, tipici della calvizie comune maschile.
Da queste poche essenziali conoscenze derivano le possibilità attuali di ?terapia topica endocrina? della calvizie che brevemente ora riassumiamo:
1) possibilità di allungare la fase anagen mediante l’inibizione della 5 alfa riduzione con l’uso topico del progesterone naturale o di suoi derivati 17 idrossilati,
(Dai dati disponibili in letteratura si ricava che dopo applicazione topica circa il 10% del progesterone supera lo strato cutaneo, si concentra nei tessuti epidermici, dermici e ghiandolari e comunque anche dopo infiltrazione mesoterapica viene per la massima parte inattivato impegnando la 5 a riduttasi in competizione con il testosterone)
2) possibilità, più teorica che reale, di allungare la fase anagen con inibizione della 5 alfa riduzione mediante l’applicazione topica di acido azelaico,
(L’effetto sulla 5 alfa riduzione non è diretto (come nel caso del progesterone) ma è la conseguenza della inibizione della NADP riduttasi con blocco della produzione di NADPH2. Questo blocco devia il destino metabolico del testosterone verso l’ossidazione ad androstenedione ed estrone)
3) possibilità di inibire la coniugazione del diidrotestosterone con il suo recettore citosolico mediante l’applicazione topica di ciproterone acetato, anche questa terapia mira ad allungare la fase anagen.
Il ciproterone si lega al recettore citosolico del diidrotestosterone con più affinità dell’androgeno diminuendone la disponibilità, (questo steroide antiandrogeno non pare di grande utilità nella terapia dell’acne perché, come ormai ben noto, la secrezione ghiandolare è controllata dall’androstandiolo.
Nella terapia dell’acne applicazioni locali di ciproterone potrebbero essere utili per ridurre l’ipertrofia ghiandolare che è controllata dal diidrotestosterone, ma i dati in letteratura sono veramente scarsi)
4) possibilità di inibire la coniugazione dell’androstandiolo e del diidrotestosterone con i loro recettori specifici con l’applicazione topica di spironolattone, anche questa è una terapia che mira solo ad allungare la fase anagen;
(Questo progestinico lattonico esplica la sua attività antiormonale legandosi ai recettori di diversi steroidi, fra questi certamente l’aldosterone, il diidrotestosterone e l’androstandiolo. La sua attività come antiandrogeno topico si è dimostrata utile nella cura dell’acne mentre i suoi effetti nella terapia del defluvio androgenetico e della calvizie comune sono assai più modesti).
5) possibilità di allungare la durata dell’anagen, e soprattutto di ?ottimizzare il catagen? mediante l’attivazione della adenilciclasi e del / dei fattori di crescita che presiedono alla moltiplicazione cellulare a livello della matrice e del bulge del capello mediante l’uso topico di estrone solfato.
L’estrone solfato è, di per sé, uno steroide biologicamente inattivo e di uso possibile anche per via mesoterapica.
E’ convertibile in estrone dal follicolo pilosebaceo ché possiede una fosfatasi nel suo patrimonio enzimatico.
6) possibilità di ?ottimizzare il catagen? anche mediante uso topico di idrocortisone. Il cortisone è infatti ?fattore permissivo? essenziale per l’attivazione dell’adenilciclasi delle cellule staminali a livello dell’infundibulo nel momento del catagen III.
L’uso topico di cortisonici può quindi risultare assai vantaggioso e si pone a cavallo fra le terapie endocrine e quelle intese a modulare, attraverso il sistema adeniciclasi – cAMP, il metabolismo energetico del bulbo pilifero.
(La terapia corticosteroidea in tricologia è stata generalmente sconsigliata e condannata dalla maggior parte degli autori. I cortisonici fluorurati hanno infatti provocato, con il loro abuso, rilevanti danni cutanei come atrofia, acne steroidea, dermatite periorale etc.
Riteniamo però che la maggior parte di questi danni sia, in realtà, da attribuire all’alogeno introdotto nella molecola per esaltarne la potenza ed allungarne l’emivita e che i corticosteroidi debbano essere attentamente rivalutati in terapia tricologica.
Esaminiamo le ragioni per cui riteniamo valido usare corticosteroidi, particolarmente l’idrocortisone, cortisolo, nella terapia locale del defluvio androgenetico:
1)In caso di seborrea l’uso di un blando corticosteroide non alogenato è certamente utile per controllare l’eritema e la desquamazione oltre che per rimuovere il sebo, mettendo così la cute in condizioni di poter ricevere meglio le altre terapie topiche.
2)Il cortisolo (idrocortisone) facilità le attività mediate da cAMP (Iizuka H. – Voorhees J.), probabilmente mediante un blocco della fosfodiesterasi (Zanussi C.), forse anche attivando direttamente l’adenilciclasi, e contribuisce così ad attivare il metabolismo energetico del tricocheratinocita.
3)Il cortisolo attiva la neoglicogenesi delle cellule della matrice e della papilla del bulbo pilifero, analogamente a quanto avviene nel fegato. Il glicogeno si accumula nel citoplasma cellulare a livello della guaina connettivale durante il catagen e viene consumato durante le prime fasi dell’anagen (De Villez R.L.).
Il cortisolo consente quindi una produzione di glicogeno garante della omeostasi glucidica ed energetica del capello.
4)Il cortisolo si lega debolmente ai recettori degli androgeni, riduce l’attività enzimatica della 5 alfa reduttasi e compete, sia pur blandamente, con il diidrotestosterone per il recettore citosolico.
5)Il cortisolo è probabilmente capace di incrementare i fenomeni di aromatizzazione del follicolo pilifero, analogamente a quanto dimostrato nel tessuto adiposo (Salerno R.).
L’ottimizzazione del catagen e quindi dell’anagen successivo, ci sembra sia un tentativo terapeutico assai più razionale ed utile rispetto a quello di allungare l’anagen con una inibizione, peraltro sempre incompleta, della 5 alfa riduttasi.
Riassunto:
La calvizie comune (defluvio ed alopecia androgenetica) è ereditaria, a carattere dominante con penetranza incompleta androgeno dipendente!
Quello che si eredita è verosimilmente un difetto (o un atteggiamento) enzimatico a livello delle cellule staminali del bulge e delle cellule proliferanti della matrice del pelo: un eccesso di attività della NADP reduttasi, un deficit di 17 beta steroido ossido-riduttasi, di 3 alfa idrossi steroido deidrogenasi (3 alfa riduttasi) oppure di aromatasi possono provocare la calvizie maschile.
Un deficit di 3 alfa steroido deidrogenasi o di aromatasi possono provocare la calvizie femminile.
Un deficit enzimatico può venire parzialmente corretto somministrando gli steroidi a valle del blocco ma anche così la via metabolica, resa prevalente dalla carenza enzimatica, rimane comunque preferenziale e non si corregge l’eccesso di produzione di diidrotestosterone ed androstenedione se non inibendo anche la 5 alfa riduttasi o la NADP riduttasi.
Più utile potrà rivelarsi il tentativo di ?ottimizzare il catagen?, così da ottenere poi una fase anagen più ?evoluta? mediante l’uso di estrone solfato e idrocortisone.