La ricercatrice dell’Università di Bologna, uno dei più noti ed apprezzati esperti italiani in calvizie, espone le proprie valutazioni sulle terapie attualmente disponibili ed opinioni sulle nuove prospettive terapeutiche.
Gentile Prof.ssa Tosti, finasteride è oramai utilizzata da milioni di persone in tutto il mondo da alcuni anni quale principale elemento di terapia anticalvizie; può stilare un bilancio al riguardo?
Tosti: La finasteride è indubbiamente molto efficace nella prevenzione, e nella mia esperienza, quando è utilizzata nella calvizie iniziale, i risultati sono sempre molto buoni.
E’ oramai evidente l’importanza dell’inibizione della 5-alfa riduttasi in una terapia anticalvizie; quali sono tuttavia i limiti di questa terapia e, soprattutto, perché in molti soggetti affetti da calvizie androgenetica la stessa è risultata essere inefficace o efficace limitatamente ad alcuni follicoli?
Tosti: Nella calvizie di media entità il farmaco è efficace nella metà dei casi, ma vi sono persone che non hanno benefici. Perché? Non si sa, è possibile che la 5-alfa riduttasi non sia l’unico enzima davvero importante.
In quest’ottica, l’inibizione del tipo I di 5-alfa riduttasi (su cui finasteride sappiamo non avere alcun effetto inibitorio), potrebbe dare speranza di successo anche in coloro che hanno “fallito” con finasteride’
Tosti: Io non credo che il problema derivi dal fatto che la finasteride inibisce solo il tipo 2.
Vi è una diretta relazione tra incidenza di tipo I e tipo II di 5-alfa riduttasi in caso di calvizie di pattern maschile piuttosto che di pattern femminile’
Tosti: I dati disponibili sulla dutasteride (che inibisce entrambi gli enzimi, I e II) dimostrano che è sì un po’ più efficace della finasteride ma comunque non efficace nel 100% dei casi.
Recentemente si comincia a guadare con maggiore attenzione alle infiammazioni locali causate dalla reazione locale autoimmune; in che percentuali queste cause possono incidere sul progredire della calvizie e in che modo si ha intenzione di intervenire al riguardo?
Tosti: Secondo me l’infiammazione locale è importante in quanto può certamente accelerare la progressione della calvizie.
Per questo è necessario evitare tutti quei fattori che favoriscono l’infiammazione: dermatite seborroica e forfora; esposizione al sole o alle lampade artificiali. E’ possibile che i farmaci antinfiammatori possano avere un ruolo nella terapia della calvizie.
Dal recente meeting di Tokyo è emersa la notizia che alcuni ricercatori stanno sperimentando una nuova terapia per intervenire a livello della papilla dermica, inibendo il TGF beta; una eventuale terapia che ne dovesse derivare punterà a soppiantare le attuali terapie anti DHT o piuttosto sarà complementare ad esse’
Tosti: Io penso che il futuro prossimo sia quello di combinare trattamenti che agiscono sui diversi fattori che causano o aggravano la malattia e che il futuro “più futuro” sia probabilmente la terapia genica.
Cortisolo e Corticosteroidi; stimolare le attività mediate da cAMP ottimizzando quindi la fase catagen piuttosto che intervenire sulla durata dell’anagen potrebbe realisticamente aprire nuove alternative terapeutiche in tempi brevi? E soprattutto, quali sarebbero le incidenze di eventuali effetti collaterali?
Tosti: Ritengo che i corticosteroidi locali siano utili quando l’alopecia androgenetica si associa ad un telogen effluvium da altre cause o a una dermatite seborroica.
Non credo che “ottimizzare la fase catagen” abbia alcun significato scientifico. Il catagen è causato da un particolare evento chiamato tecnicamente apoptosi (morte cellulare).
La regolazione di questo evento è molto complessa e non ancora del tutto conosciuta, coinvolge certamente molti geni fra i quali il più importante è il p53.
Attualmente sono in studio inibitori di questo gene che potranno avere un ruolo nel trattamento e nella prevenzione dell’alopecia da farmaci antitumorali e nella terapia della calvizie.
E’ stato reso noto di recente come il Dott. Walter Unger (Toronto Medical School) stia positivamente sperimentando l’iniezione di cellule staminali dei capelli in zone ove è in atto un processo di miniaturizzazione dei follicoli e che sarebbero in grado di invertire questo processo; secondo quale principio funziona questa terapia e secondo quale principio l’azione si limita ad un’area ricevente ben definita?
Tosti: Il futuro nel campo dei trapianti è molto promettente: non conosco la tecnica del Dottor Unger e penso che un chirurgo specializzato in trapianti possa conoscere meglio di me le prospettive di questa tecnica.