Allarme del Codacons: «Ricerche statunitensi evidenziano l’aumento di casi di cancro alla vescica». Ma gli esperti frenano. E i produttori assicurano: nessun pericolo
In Italia il 75% delle donne si tingono i capelli con regolarità, e più della metà della popolazione femminile utilizza tinture per i capelli. Lo sostiene il Codacons sottolineando che se la ricerca statunitense che sostiene che le tinture per i capelli fanno aumentare il rischio de cancro alla vescica, fosse attendibile e vera, «anche solo in parte», un elevatissimo numero di donne potrebbe correre seri rischi per la propria salute». Per questo il Codacons chiede al ministero della Salute «di aprire indagini urgenti in Italia sulle tinture per i capelli in commercio e sui rischi per la salute connessi al loro utilizzo, verificando la veridicità della ricerca americana ed adottando tutte le misure del caso per tutelare i consumatori».Ma lo studio americano non convince i medici e gli esperti in cosmetologia e in tumori e tanto meno i produttori che difendono le tinture per capelli, la cui sicurezza, sostengono, sarebbe confermata da molti altre indagini.
Leonardo Celleno, direttore del centro di ricerche cosmetologiche dell’Università Cattolica di Roma, non crede che esista un rischio legato all’uso di tinture per capelli così alto come quello segnalato dall’associazione europea dei consumatori (Beuc), la piattaforma basata a Bruxelles che riunisce le principali organizzazioni dei consumatori dell’Ue. Secondo questa, infatti, il rischio di tumore alla vescica sarebbe doppio nelle donne che si tingono i capelli almeno una volta al mese. «Gli studi condotti non sono univoci e non sembra esserci questa correlazione» ha spiegato. L’esperto non esclude però la possibilità di un rischio per i parrucchieri che utilizzano ogni giorno queste sostanze. Il comitato scientifico cosmetologico di Bruxelles, ricorda, ha comunque già dato indicazioni per rendere più sicuri i prodotti eliminando una lista di sostanze.
Anche Umberto Tirelli, primario centro oncologico di Aviano, abbassa i toni: «Gli studi che conosciamo non dimostrano questa correlazione. Si tratta di un classico esempio di debole associazione di rischio, che è indubbiamente più forte con il fumo o con l’inquinamento». Ma Tirelli riconosce la necessità di indagare meglio. Immediata anche la risposta dell’Unipro (l’associazione dei produttori di cosmetici). «I coloranti per capelli – sostiene – sono fra i prodotti disponibili meglio studiati per i consumatori. Le industrie della cosmesi italiane poi sono fra le più attente a tutte le normative sulla sicurezza».
(fonte:avvenire.it)