Dal 16 al 20 maggio c.a. si è svolto a Roma il XV Congresso Nazionale dell’AIDA (Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali), occasione di aggiornamento per un cospicuo numero di dermatologi. Tra i vari argomenti trattati, di particolare interesse le sessioni dedicate alle problematiche tricologiche, delle quali segue relazione.
Nella sessione di giovedì 18, si è parlato di Alopecia Areata, con interventi sulla diagnosi, prognosi, aspetti clinici particolari e terapia. Di rilievo la presenza del Prof. A. Gilhar, Direttore del Laboratorio di Skin Research della Facoltà di Medicina di Haifa (Israele).
Il Dott A Rossi (Roma) nel suo intervento ‘La diagnosi dell’alopecia areata’, ha riassunto quelle che sono le caratteristiche cliniche da ricercare per porre la diagnosi. Ha inoltre proposto un protocollo di analisi, anche immunologiche, che vengono prescritte a tutti i pazienti affetti dalle forme più impegnative. Sarà verificato nel tempo la reale utilità pratica di questo modo di procedere.
Il Dott R d?Ovidio ( Bari), secondo relatore e coordinatore della sessione in oggetto, ha puntualizzato in modo chiaro ed esaustivo nella relazione ‘La prognosi della Alopecia Areata’ quali sono i ‘segni’ che ogni Dermatologo deve ricercare per stabilire la prognosi ovvero il destino della malattia. Ha ricordato come il ‘Pull test’ positivo e/o la presenza di capelli ‘a punto esclamativo’ sono segni di attività e quindi di espansione della chiazza/malattia, ma che ancora più precoci sono le alterazioni abbastanza caratteristiche nei follicoli in Anagen osservabili nel Tricogramma perilesionale.
Altro segno di progressione della malattia è il riscontro dei segni descritti prima, in zone che sembrano sane all’esame clinico.
Il riscontro di ‘peli a punto esclamativo’ di maggiore lunghezza si associa ad una fase di minore attività e gravità, talora ad una successiva guarigione, quindi rappresenta un elemento relativamente positivo.
La presenza sul cuoio capelluto, nelle zone senza capelli, di ‘punti gialli’ che sono gli sbocchi dei follicoli dilatati e ripieni di materiale sebaceo, indica la fase attiva della malattia. Tendono a scomparire quando la chiazza guarisce, grazie all’effetto ‘scovolino’ del pelo.
Sembra comunque vero che ci siano soggetti destinati geneticamente ad una più lunga persistenza della malattia.
La Dott T Di Prima (Catania) nella relazione dal titolo ‘FORME CLINICHE PARTICOLARI DI ALOPECIA AREATA E POSSIBILI CORRELAZIONI CON I MOMENTI PATOGENETICI DELLA MALATTIA’, ha curato alcuni aspetti particolari di questa malattia, ovvero quando si presenta e/o procede assumendo delle caratteristiche diverse da quelle normalmente conosciute, ovvero l’esordio con zone senza peli, tipicamente circolari (aree), e la guarigione che avviene con la comparsa di una peluria bianca che esita successivamente in un pelo terminale.
L’esordio ad esempio può assumere vari aspetti che vengono definiti con il termine di ‘Fenomeno’. Ogni ‘fenomeno’ è il risultato di un particolare evento che si è verificato attorno e dentro il follicolo; identificare e conoscere l’evento significa chiarire un tassello della malattia e agire in modo mirato. Sono descritti: il ‘FENOMENO DI MARIA ANTONIETTA’, Regina di Francia, le divennero i capelli bianchi nel corso della notte che precedette la decapitazione. In realtà si verificò a seguito dello stress, un episodio di alopecia areata acuta. In questa evenienza i primi capelli colpiti sono quelli pigmentati e vengono ‘risparmiati’ i capelli bianchi. Questo fenomeno dimostra che il primo bersaglio dell’aggressione immunitaria sono le cellule che fabbricano il colore (antigeni melanocitari) e questo spiegherebbe in parte la relativa rarità della malattia in tarda età. Quando si assiste alla comparsa delle aree alopeciche in zone sottoposte a traumi o microtraumi, diretti o riflessi si parla di ‘FENOMENO DI KÖBNER’, e ci ricorda come la presenza di peli non necessariamente corrisponde alla guarigione ‘immunologia’, ovvero in zone sane, i presupposti della malattia sono presenti, ma insufficienti e necessitano l’innesco che può essere rappresentato dal trauma; questa particolare condizione può verificarsi quando la malattia è in fase attiva; l’esatto contrario si verifica quando l’evento traumatico si verifica nella fase di stabilizzazione immunologia, in tal caso si può produrre la ricrescita dei peli ovvero il FENOMENO DI KÖBNER ‘INVERSO’. Il ‘FENOMENO REMBOK’ dimostra come alcune dermopatie, in particolare psoriasi o dermatite seborroica, esercitano un effetto ‘protettivo’ nei confronti della aa, ovvero si assiste alla comparsa della aa con risparmio di aree precedentemente affette da psoriasi o dermatite seborroica.
Anche la modalità di guarigione può assumere degli aspetti ?singolari?: la ricrescita con ASPETTO ?ANDROGENETICO dopo molti anni di alopecia totale, questo dimostra che anche in assenza di pelo, quindi di attività della malattia, il follicolo continua i suoi cicli tanto da subire la miniaturizzazione androgenetica nei soggetti predisposti.
Talvolta la ricrescita nell’area alopecica invece di presentarsi omogenea, avviene per cerchi concentrici ovvero con modalità definita ‘TARGHETOIDE’ o ‘ a bersaglio’. Questo accade quando la malattia presenta un’onda di progressione, con un basso grado di attività , che esita in un’onda di guarigione.
Altro particolare ‘fenomeno’ segnalato è quanto avviene in corso di immunoterapia topica, ovvero nei pazienti, generalmente affetti da alopecia totale/universale, trattati topicamente con agenti sensibilizzanti ( DNCB, SADBE), oltre la ricrescita nel lato trattato, si verifica la ricrescita nel lato non trattato, come se gli effetti di questa terapia si diffondono a distanza. Il FENOMENO ‘CASTLING’ ( ‘arroccamento’), così viene chiamato, può verificarsi a grande distanza, infatti applicando il prodotto sulla zona scapolare sx, l’effetto terapeutico si ottiene all’emiscalpo dx.
Non è chiaro quali ‘strade’ percorra l’effetto terapeutico, si può ipotizzare il coinvolgimento delle terminazioni nervose e dei neurotrasmettitori.
Particolari anomalie del pelo, normalmente riscontrate ai margini e nel contesto delle chiazze, durante la fase attiva della malattia: ‘PSEUDOMONOLETRIX’ ( peli che presentano nodi irregolari lungo il fusto, reperibili nelle aree attive); e i PELI A PUNTO ESCLAMATIVO ‘RIANIMATI’ ( con la zona di assottigliamento prossimale che esita in un normale pelo in anagen). Sono più lunghi dei peli a punto escamativo e, soprattutto, sono peli ‘guariti’. Questo dimostra che talora il blocco della crescita pilare non è irreversibile, come sempre ritenuto, e il riscontro di questo tipo di peli nelle chiazze attive indica una risoluzione più rapida dell’area.
Di grande rilievo la relazione del Prof. A Gilhar ( Haifa, Israele): Two stage model for induction of autoimmunity, ricercatore di fama internazionale per le sue scoperte in tema di malattie cutanee autoimmuni che ha illustrato i risultato dei suoi ultimi lavori sulla AA. Semplificando si dimostra che lo scatenamento della AA avviene in due tappe: l’esposizione di antigeni (follicolari) normalmente nascosti, in soggetti geneticamente predisposti. Questo fenomeno si verifica ad opera dell’interferone γ, sostanza che il nostro corpo normalmente produce in determinate circostanze ( infezioni virali etc?). Successivamente si verifica espansione, ovvero aumento numerico, di quei linfociti T ( cellule dell’immunità) che riconoscono e aggrediscono l’antigene esposto nella tappa precedente. L’espansione potrebbe risultare ad esempio determinata da un super-antigene, quale ad esempio l’Enterotossina dello Stafilococco impiegata dal Prof Gilhar nel suo modello animale.
La sessione si conclude con la relazione del Dott Pazzaglia (Bologna): News sulle terapie dell’alopecia areata, che ha confermato il fallimento delle nuove -e costose- terapie biologiche ed ha rivalutato l’utilizzazione degli steroidi topici di alta potenza in occlusiva, sia in crema che in schiuma. E’ stato finalmente dato atto della ragionevolezza dell’ipotesi d’Ovidio-Di Prima che le terapie dell’alopecia areata vadano applicate tenendo conto anche della fase di attività della malattia e non solo in base alla sua estensione.
Sempre in tema di tricologia l’intervento a due voci di Venerdì 19 su: Finasteride nell’alopecia androgenetica femminile. I Relatori d’Ovidio e Rossi hanno finalmente fatto chiarezza su un argomento molto dibattuto in questi ultimi anni ovvero sulla utilità di impiegare la finasteride, farmaco destinato al momento nella terapia della alopecia androgenetica maschile, nella donna con il medesimo problema. In verità le prime sperimentazioni condotte furono piuttosto deludenti, tanto da fare dubitare il coinvolgimento della 5 alfa redattasi della androgenetica delle donne.
Di contro un impiego mirato e con le dovute precauzioni ha dimostrato che questa opportunità terapeutica non va scartata a priori, e che il fallimento terapeutico spesso deriva dall’utilizzo in donne in menopausa, con una situazione locale troppo compromessa oppure dalla confusione diagnostica tra un Telogen Effluvium Cronico ed un’Alopecia Androgenetica.
Tiziana Di Prima (Università di Catania) mitichezia@libero.it