Introduzione:
Avrei tanto desiderato una lezione di Tricologia Psicosomatica del prof. Emiliano Panconesi al Master di Tricologia dell’Università di Firenze ma questo non è stato possibile per motivi di salute.
Ho pertanto voluto ripubblicare un vecchio articolo del Maestro. Articolo che, alla sua pubblicazione, tanti anni fa, non compresi appieno. Oggi mi appare in tutta la sua lungimiranza e profondità.
Andrea Marliani
Aspetti psicosomatici nelle alopecie
EMILIANO PANCONESI
Premessa.
“Infiniti sono i mali, oltre quelli de’nervi, che col disordinare questi cagiona lo studio. Un celebre matematico soggetto ad una ereditaria gotta, e la cui condotta era sempre stata irreprensibile, ne accellerò l’accesso per la troppo grande applicazione nel sciogliere un difficile problema. È noto l’accidente accaduto al Cavaliere d’Epernay: questi dopo un assiduo studio di quattro mesi perdette senz’alcun altro sintoma di malattia la barba, le ciglia, le sopracciglia, e finalmente i capelli, e tutti i peli del corpo. Questo fenomeno facilmente si deduce dalla mancanza del nutrimento ai piccoli bulbi, che servono di radice a’ peli; per tre cagioni poteva cessare l’irrorazione di questo sugo nutritizio: 1. Per lo sconcerto delle funzioni dello stomaco primo organo della nutrizione, e della digestione. 2. Per l’azione diminuita de’ nervi, che gran parte hanno della nutrizione, poiché essendo dall’anima occupati non possono agire sul corpo. 3. Per quella piccola febbre, a cui vanno soggetti i Letterati, questa distruggendo la linfa nutritizia, li rende pallidi, magri, ed a poco a poco li va consumando; talora questa febbre dipende dall’accresciuta forza del cuore, che da una forte contensione della mente sollecitato viene a più frequenti battute”.
Così Monsieur Tissot “Dottore, e Professore di Medicina in Mompelie” (dalla traduzione italiana a cura della “Stamperia ed a spese di Gaetano Castellano in Napoli” della Salute de’ Letterati) nel 1773 cominciava, forse, la lunga serie di coloro, esperti e pazienti, che cercavano di interpretare “scientificamente” il rapporto fra emozione e caduta di capelli. Molti anni dopo (1932), nel famoso Handbuch di Iadassohn, Galewsky (1) dedica un capitolo alla “alopecia neurotica”; nel 1956 una serie di test psicologici ci sembrano significativi per proporre un’ipotesi psicosomatica dell’alopecia areata (Panconesi: 2, 3); nel 1961 Albert Kligman (4) delinea il quadro del telogen effluvium indicando gli stress psicosociali, fra le varie possibili, come la causa più frequente. Quattro citazioni bibliografiche, scelte arbitrariamente fra centinaia, per esemplificare il problema per quanto attiene a “dermatologia psicosomatica” in senso tradizionale (sinonimi: dermatosi emozionali (5), psicodermatologia (6), psychocutaneous diseases (7)] e rapporti con le varie alopecie.
Ma Sigmund Freud (8, 9) stesso pensava (1929) che le interpretazioni psicologiche, ipotizzate e verificate con i mezzi delle scienze psicologiche, fossero poste in attesa di precise correlazioni biologiche: “... gli psicoanalisti descrivono la via che la mente percorre quando si sviluppa una psicosi, ma la forza che spinge lungo quella via è nascosta... quella forza è biochimica ed è in questo che sta il futuro della psichiatria”.
E aggiunge: “la speranza per il futuro è nella chimica organica o in un approccio alle psicosi” (noi potremmo dire: alle dermatosi psicosomatiche) “attraverso l’endocrinologia: oggi questo futuro è ancora lontano, ma noi dovremmo studiare analiticamente ogni caso di psicosi perché la conoscenza acquisita indirizzerà un giorno la terapia chimica”.
Questo futuro è già cominciato con le nuove e nuovissime acquisizioni della psico-neuro-endocrino-immunologia (10, 11, 12, 13, 14) e della psicofarmacologia.
Ci limiteremo a prendere brevemente in esame, alcuni quadri di alopecia acquisita non cicatriziale (v. tabella 1) nei quali il rapporto psicogeno, psicosomatico o somatopsichico è prospettato. Infine, nelle conclusioni, accenneremo ai problemi psicologici correlati all’importanza dei capelli nel vissuto dell’uomo e, soprattutto, al valore attribuito alla capigliatura che si rende drammaticamente evidente in caso di alopecia per alterazioni dell’ordine (cosmos da cui cosmetologia) della immagine di sé.
tabella 1)
- Classificazione delle alopecie acquisite non cicatriziali (reversibiti e non reversibili) in rapporto a fattori psicosomatici.
“psicologiche psicopatologiche”
- tricotillomania
- (alopecia neurotica?)
“psicosomatiche”
- telogen effluvium
- alopecia areata
“somatopsichiche”
- tutte quelle indicate sopra
- defluvio androgenetico
Tricotillomania (15)
Il termine coniato da Hallopeau nel 1889 è riferito a un tipo particolare di alopecia da trazione dovuto all’abitudine di tirare i propri (qualche volta perfino gli altrui) capelli (hair pulling tic) tanto da creare aree irregolari, più o meno ampie, di alopecia (con monconi residui) di solito al cuoio capelluto, più raramente in altre parti del corpo. Più frequente in bambini e adolescenti, la tricotillomania può iniziare con la tendenza compulsiva a toccare i capelli, ad arrotolarli intorno alle dita, a metterli in bocca in momenti di distrazione (leggendo, guardando la televisione ecc.).
La tricomalacia, la prevalenza di capelli catagen sui telogen, l’assenza di infiltrato cellulare perifollicolare e perivascolare e, soprattutto, la modalità causale “meccanica” da reperire nella storia del paziente “se ci si pensa”, permetta la diagnosi.
Improprio, ma ormai consacrato dall’uso, è il suffisso terminologico “ma¬nia” (che dovrebbe essere limitato all’ambito delle forme maniaco-depressive) per questa sindrome che sembra avere proprie tipiche caratteristiche psicologiche: una certa tendenza a “permettersi con indulgenza” cose che fanno piacere, la ricerca di interrompere o attenuare una temporanea tensione psichica, la tendenza a porsi in posizioni “svantaggiose” o “di difetto” rispetto agli altri e la coazione a ripetere “gesti” che procurano piacere con evidenti implicazioni sessuali.
Lo “strano” tic di tirarsi i capelli viene avvicinato a tutti i modi “perversi” di procurarsi piacere provocandosi dolore (ancora per attenuare la tensione nervosa) come mordersi o stuzzicarsi le unghie e le zone periungueali fino a farle sanguinare, scrocchiare le dita, stuzzicare le gengive con uno stecchino, strizzare i punti neri o le pustole dell’acne fino a escoriarsi o, semplicemente, mordersi le labbra e tirarsi i lobi degli orecchi. In alcuni casi tirare le ciglia, le sopracciglia e i peli del pube sembra associabile a una sindrome “nevrotica” mentre passare a tirare i capelli è proprio di soggetti “schizoidi” (16).
La tricotillomania infantile può essere un modo di esprimere rabbia contro genitori inadeguati e “rejecting” (Obermayer, 17), specialmente contro una madre inadeguata e costituire, addirittura, l’oggetto transizionale nel senso di Winnicot * (18): i capelli morbidi e facili da raggiungere, oggetto auto-erotico transizionale, possono riprodurre, nel nostro quadro sindromico, un contatto (per alcuni addirittura una relazione masochistica) con la madre o con i suoi indumenti.
Considerazioni analoghe permettono a C. Koblenzer (19) di classificare la forma nella sfera delle cosiddette “abitudini compulsive” (correlate a rapporti conflittuali con i genitori, scatenate da stress e accompagnate da altri segni di regressione comportamentale: enuresi, pavor nocturnus ecc.) e suggerire di fornire, ai più piccoli, oggetti di lana pelosi o “setelosi” come espediente terapeutico. Nei bambini più grandi la tricotillomania ha implicazioni di auto-punizione, autoerotismo e rabbia “displaced”.
* Secondo il noto psicanalista: qualsiasi oggetto materiale, pezzetto di stoffa, angolo di una copertina (la coperta di Linus), ma anche l’orsacchiotto, il pollice da succhiare, l’orecchio da tirare... al quale “si aggrappa” o che tocca (o succhia)