Eh eh..schianto qui la solita recensione saccente e intellettualoide [8D] GRINDHOUSE BY Quentin Tarantino
Una mattanza aglio olio e peperoncino....
.....Con una spruzzata di cannella e un retrogusto di chartreuse e noce moscata. Apparentemente semplice (odio e schizofrenia, omicidio, vendetta, vetero-femminismo, propensione al dialogo logorroico, realistico e sboccatamente veritiero che caratterizza le conversazioni comuni, specie tra briachi la sera al pub) si rivela, a mio avviso, un complesso giocattolino di rimandi allucinanti e allucinati, dai B-movies americani a Dario Argento (!!!!: vedi scena delle girls nel secondo episodio sul set del film) con un continuo (e a tratti estenuante, perchè uno ad ogni scena si vede davanti roba nuova e si chiede: vai, e ora? Che mi ricorda?) gioco alla citazione e al meta-cinema. E' una firma, con l'osso la polpa e i tendini, di Q.T. che impregna il film della sua presenza (e non me la sento di dire che non sia mai ingombrante, anzi) dal primo all'ultimo fotogramma. Il film contiene i tratti di un manifesto della poetica di un artista che dà vita davvero al cinema, almeno per come lo intendo io: l'amore per la cinematografia francese e l'omaggio alla nouvelle (la foto della Bardot nella prima scena, la chartreuse); l'improvvisazione e il realismo (una sceneggiata senza sceneggiatura, i dialoghi da brivido che penso assomiglino così tanto al vero proprio perchè non pensati e scritti, ma solo detti) l'ecclettico concentrarsi su manifestazioni culturali diverse e multi-localizzate (cinema americano e italiano di serie B, cinema western, cinema cinese e giapponese, cinema francese alla Vague) per ricucirle insieme in un quadro dinamico e assolutamente appetibile. La pseudo-filosofia da strada (che è vita?), la storia del cinema e momenti di dramma e tensione intensi (lo sguardo di Arlene-la ragazza della lap-dance- a Stuntman Mike-il killer- quando lui le chiede se le fa paura e il primo piano sul volto di lei, per 10 secondi di puro brivido) alternati a tratti di comicità esplosiva (e la relazione platonica tra Rosario Dawson e un regista raccontata e commentata in macchina dalle amiche) fino al grand guignol finale. E allora: se la violenza, l'odio, la passione, la comicità, il grottesco, la gioia, sono la vita, e tutto questo viene rappresentato in modo davvero vicino al vero, e diviene immagine plausibile di ciò che è realtà, il cinema raggiunge a mio avviso il suo scopo principale. Quello per cui è stato inventato. E di registi che oggi riescono a sfuttare così questo mezzo ce ne sono pochi. Tarantino secondo me è uno di loro; credo sia un film talmente suo (come penso debba essere) che a chi non piace (de gustibus...) non potrà apprezzarlo. Punto e pace. Io non riesco a vedere un film di Bergman intero senza addormentarmi, ma tant'è...era un maestro. E Tarantino lo è, pure. Vorrei riconoscerlo una volta di più su questo spazio.