@simwe9one
il covid non c'entra un emmerito nulla, ho un conoscente imprenditore agricolo (di quelli che fanno soldi) che ha cominciato già da alcuni anni a trasferire e convertire le sue attività perché diceva che questo paese "è finito".
A parte i piccoli imprenditori, generalmente della mia età che investono i soldi di famiglia per aprire il berretto o l'osteria o il negozio al dettaglio, chi maneggia fabbriche e aziende complesse aveva già da anni una perfetta fotografia della crisi che ha colpito questo paese, e mi hanno detto tutti che il problema principale è legato alla produzione. Tutto sta alla base della produzione, e quando un paese punto tutto su servizi e turismo significa che sta grattando proprio il fondo.
Il covid non causa danni economici, mostra solo che basta appena 1 mese di chiusura delle attività non essenziali per mandare sulla strada un intero popolo.
Siamo tornati all'Italia degli anni '50, quando un povero cristo con lavoro nel pubblico impiego (per quanto basso e di poco conto) viene considerato membro dell'élite, è pazzesco. Io sto facendo una fatica del diavolo per vincere un posto pubblico, ho già fatto 15 concorsi, e ogni anno diventano sempre più selettivi e difficili, e mi trovo a confrontarmi con una valanga di persone.
Io credo che dopo la mia generazione, e al massimo quella successiva, cioè quando chi senza reddito tale da renderlo autonomo avrà attinto a tutti i risparmi della propria famiglia, scoppierà davvero una bomba sociale. Però ora l'unica cosa che impedisce una rivolta generale è proprio questa capacità degli italiani di fare rete assistenziale e proteggere i propri parenti. Ma non dura all'infinito una condizione del genere.
La differenza fra le epoche di antico regime e le nostre è che nelle prime l'uomo valeva per la propria capacità di produrre, di avere una competenza tale da rendere un risultato effettivo, invece in una società capitalista (come quella in cui ci troviamo) l'uomo vale in base alla sua capacità di spendere.
Se le persone a mala pena sopravvivono, non spendono. se non spendono i negozi sono costretti a vendere a prezzi stracciati, così facendo generano però concorrenza sleale costringendo i competitori a cercare nuovi canali meno costosi (e provocando anche un drammatico calo degli stipendi), quindi a vendere tramite i negozi online in modo da attutire i costi strutturali che un negozio reale comporterebbe, ma in questo modo viene meno il tessuto economico che sta alla base di una città, quindi crea un impatto anche a livello di migrazione interna e circolazione infraregionale di domanda e offerta, questo riduce l'impatto fiscale e costringe le istituzioni a continue iniezioni di denaro a fondo perduto, senza provocare rilievi economici d'utilità futura.
Lavatevi il cervello dalle cavolate che vi hanno raccontato sulla crisi del 2008 o del covid, l'Italia è un paese incapace di creare valore, e vive solo dei fondi che arrivano dall'Europa o che porta il turismo. Questa epidemia dovrebbe far riflettere su questa situazione. E' davvero il caso che lo stato riveda le proprie strutture e prenda in mano la gestione della grande impresa.
Leggetevi Luciano Gallino. Lui ribalta completamente quello che oggi è diventato il mito/miraggio della piccola imprenditoria, dice chiaramente che sono le PMI ad aver impoverito il paese, e che i paesi che stanno meglio di noi sono quelli che godono di un'industria pesante coordinata direttamente dallo stato. La grande industria nei paesi nordici è proprio un'affare di stato, così come lo è in Cina. DOPO vengono i servizi, come diretta conseguenza degli scambi. Ma puntare tutto sui servizi significa condannare un paese su lungo termine.