Aggiornamento 2: In tutto sono 18 le partite del campionato 2004/5 nelle quali i magistrati hanno individuato il reato di «frode sportiva»: dodici della Juve, tre della Lazio, tre della Fiorentina. Ma anche questo, per quanto immenso, è riduttivo. Nell’inchiesta c’è soprattutto «un sodalizio criminoso», per usare un gergo tecnico, che ha al suo vertice il direttore generale della Juventus Luciano Moggi: è lui il capo assoluto, lui che controlla gli arbitri tramite i designatori Bergamo e Pairetto e il presidente dell’associazione di categoria Tullio Lanese. Lui che controlla Carraro dall’alto e dal basso, tramite rispettivamente il presidente di Capitalia Cesare Geronzi (che ogni tanto viene sollecitato a mettergli «il pepe al c**o») e il numero tre della Federcalcio Innocenzo Mazzini (che gli dava del «rimbambito», intanto proprio ieri si è dimesso: fuori due!).
E’ sempre lui che controlla la Lega calcio attraverso le pressioni del suo alleato principe, l’amministratore delegato della Juve Antonio Giraudo, figura chiave del sistema moggiano. Lui che controlla il mercato di calciatori e allenatori attraverso la Gea del figlio Alessandro. Lui che istruisce i giornalisti a libro paga su cosa debbono scrivere e dire in tv («Lucia’, che devo dire stasera?»). Lui che si servirebbe - e questo è il capitolo più spaventoso e probabilmente più difficile da dimostrare - di infiltrati alla procura della Repubblica di Torino, nelle questure di Roma e Torino, nella guardia di Finanza, nelle forze di polizia e persino nel governo.
Tornando all'ichiesta la cosa che più colpisce chi l'ha condotto è che il potere di Moggi, i suoi tentacoli, non si fermavano davanti al tentativo di far vincere la Juve con tutti i mezzi. Ma volevano controllare tutti e tutto. Determinare la classifica finale in ogni sua posizione. Nel campionato 2004/5 questo si estrinsecherà soprattutto negli aiuti alla Lazio di Lotito e alla Fiorentina dei fratelli Della Valle.
Le due vicende sono opposte e per questo complementari. Da un lato c’è un club, la Lazio che si è subito asservita a quello che i magistrati chiamano «il sistema di potere moggiano», e per questo viene aiutata. Dall’altro c’è un club, la Fiorentina, che si ripresenta in serie A con i proclami del suo patron «su un calcio da cambiare». Si mette di traverso alla rielezione di Galliani e per questo viene ripetutamente punita: fino a quando Della Valle non si piega al sistema, e allora in extremis viene salvato da una retrocessione che sembra ineluttabile. Tutto ruota per Lazio e Fiorentina attorno alla doppia rielezione di Franco Carraro in Federcalcio e di Adriano Galliani in Lega, avvenute rispettivamente nel febbraio e nel marzo del 2005. E’ questo, secondo i magistrati, lo snodo chiave della stagione, il momento in cui il sistema moggiano esprime tutta la sua potenza riuscendo così a piazzare i suoi candidati nei posti chiave del palazzo del calcio. Dirigenti, burocrati, ma anche potenti segretarie. Tutti servivano un unico padrone, tutti lavoravano per un solo scopo. Il condizionamento sui risultati delle gare avviene naturalmente attraverso un controllo sistematico del mondo arbitrale. Non si contano, nel 2004/5 le cene fra Moggi, Giraudo, Lanese, Bergamo e Pairetto: quasi sempre a casa di quest’ultimo, nei pressi di Torino, spesso con le rispettive consorti. Qualche volta però si incontrano tutti anche da Bergamo, nella campagna livornese.
Qui si mettono a punto le strategie il giorno prima dei presunti sorteggi degli arbitri per la domenica seguente (secondo le indagini: una presa per i fondelli). Qui si stabiliscono i guardalinee, che invece vengono designati direttamente e ai quali spesso è affidato l’esito della gara perché meno noti e meno esposti alle critiche. Qui si decidono le ammonizioni dei giocatori che dovranno incontrare la Juve nel turno successivo, per determinarne la squalifica. [:O][:O][:O][:O][:O][:O][:O][:O]