Klimt,
io proverei a leggere tutto con un po' di ironia e distacco. Qualcuno non ha gradito il tuo atteggiamento in quel famoso thread e ci ha costruito qui sopra una presa in giro, peraltro non volgare.
Non credo che chi ha apprezzato il compenimento iviano o ci abbia scherzato su in riferimento alla tua vicenda sia necessariamente contro di te a livello personale e ti voglia ferire o voltare le spalle.
Peraltro, credo che la critica che è stato mossa sulla ritmica della poesia possa essere legittima ancorchè non condivisibile, insomma qualcosa che ci può stare e può essere fonte di discussione feconda senza vedere reconditi attacchi personali o una dimostrazione di ignoranza (io credo che chi ha detto quelle cose sia tutt'altro che ignorante, abbia detto invece delle cose molto sensate).
Da un certo punto di vista ti capisco...anche io per molti anni ho scritto poesie e canzoni e le suonavo e le cantavo col mio gruppo. Per me erano la cosa più preziosa del mondo e anche se riscuoteva ampi consensi, ogni tanto non piacevano a qualcuno. Questo è assolutamente normale, e secondo me una critica negativa può spronarci a migliorare, fintantochè desideriamo condividere le nostre espressioni di sensibilità con qualcuno.
Non credo che l'arte si possa veramente imparare e/o studiare si può arrivare a padroneggiare meglio il linguaggio con cui esprimerla, sia essa la poesia, la musica, la danza.
Ma alla fine c'è sempre una mediazione emotiva, unica ed irrepitibile che supera qualsias abilità codificata e arriva al cuore in un modo che non riesci capire.
Da persona che per una gran parte della sua vita ha ritenuto la sua vita futura nella musica, credo che il parere di professori e critici valga NULLA sulla qualità di un componimento, nè che l'Università aiuti a capire meglio l'arte: al massimo trasmette delle nozioni codificate.
Nel momento in cui si propone a qualcuno il prodotto della nostra sensibilità quel qualcuno è spettatore, e si deve ammettere la possibilità che lo spettatore applauda, stia in silenzio e fischi. E' il rischio di uscire fuori da se stessi con una parte di se stessi.
Personalmente ritengo anche io che la poesia sia stata scritta quasi tutta, quel che trovo poco attraente (ma è una mia posizione personale, non necessariamente giusta) è leggere poesie che parlano di sentimenti, sensazioni ed esperienze personali: lo hanno già fatto in troppi. E' come scrivere una canzone di amore, è molto semplice farlo, ma quando poi la si canta e la si suona e la si sottopone al pubblico occorre anche chiedersi: cosa sto dicendo di nuovo? Cosa sto offrendo di così nuovo / significativo per chiedere il dono della loro attenzione? Di canzoni d'amore belle ce ne sono tante, di orribili tantissime: cosa aggiunge la mia canzone al vissuto non mio (ovviamente aggiunge qualcosa) ma a coloro che stanno ascoltando?
Io mi sono posto molto decisamente queste domande quando avevo 24-25 anni e così, ex abrupto, tutto quello che avevo scritto e che mi sembrava bello è diventato molto vuoto e banale. Non ho scritto più, non certo traumatizzato da mancanza di consensi, ma dalla mia incapacità di scrivere qualcosa di veramente originale, non solo nelle parole, ma nel significato.
Quando avevo la tua età ero molto appassionato degli ermetici: oggi la poesia che amo è solo la poesia narrativa, che atraverso un racconto, un dialogo appoggiato nel reale cerca di comunicare qualcosa. E' la vecchia lezione di Omero, di Virgilio, di Dante : parlare della vita, della morte e dell'amore attraverso il racconto, la descrizione di un luogo, di una persona, di un evento, di un viaggio. Adoro per esempio l'Antologia di Spoon River, che per me (probabilmente sbaglio ma per me è così) è poesia epica.
Un altro genere che mi piace è la poesia sperimentale futurista; per esempio amo i testi scritti da Panella per Battisti, ritengo che siano molto interessanti nel senso dell'innovazione letteraria.
Con il massimo rispetto, credo che parlare di sè e dei propri sentimenti sia l'esercizio più facile ma è anche quello che soffre più del dovuto di grandi probabilità di scontrarsi con il muro della banalità.
Io questo, come detto all'epoca, non lo capivo, ma adesso mi è molto chiaro.
E comunque, credo che criticare una poesia non sia criticare il sentimento o la persona o lo sforzo che c'è dietro, ma semplicemente affermare che non si è realizzato una comunione emotiva con l'ascoltatore.
Se uno la vede da questo punto di vista, ritengo sia molto più facile accettare che un prodotto della propria sensibilità non venga apprezzato.
Ciao
Braz.