Il derma non è solo un lusso che uno si concede ?

juliensorel

Utente
21 Marzo 2005
6,223
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L'incidenza dell'alopecia androgenetica nella donna, soprattutto dopo la menopausa è in crescente aumento. Si parla di stime piuttosto elevate, non si capisce perché per un sesso dovrebbe essere la normalità mentre per l'altro una patologia (solo perché ne hanno parlato nella bibbia?
Se è vero che l'alopecia è una costante del genere UOMO perché gli indiani d'america conservano una folta chioma fino alla quarta età?
Perché il mito di Sansone, sempre descritto nella bibbia, associa il vigore, la bellezza, la virilità ai capelli? perché Michel de Montaigne, pelato, scrive negli Essais (1533-1592) Il vero vantaggio delle donne è la bellezza. Essa è a tal punto loro propria che la nostra sebbene richieda tratti un po' diversi, non è perfetta se non quando coincide con la loro, puerile e imberbe. Perché Giulio Cesare e Domiziano, uomini di potere e intelletto dell'impero romano, non tolleravano la calvizie? uomini, lo stottolineo, che erano al vertice della piramide sociale dell'epoca?).

Detto ciò secondo me l'alopecia androgenetica è effettivamente una affezione del cuoio capelluto: per sostenere che non è una patologia serve stabilire che cosa è una patologia.
Se ci limiatamo semplicimente a dire che non pregiudica il buon funzionamento dell'organismo, anche un eonuco, o che ne so, uno zoppo, ecc... hanno una prospettiva di vita lunga e sana e non soffrono di alcuna patologia! Se prendiamo invece in considerazione la nozione di qualità di vita, con tutto ciò che soggettivamente ne consegue, allora se una cosa pregiudica la qualità della vita è anche una patologia.
(Senza contare che l'aga si associa anche ad altre patologie vere e proprie come l'ipertensione e i problemi prostatici.)

Prima di sparare a zero considerei le ragioni degli altri (e parlo sicuramente da non calvo!)
 
6 Marzo 2006
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vabbè, il mio era un sunto del tuo discorso in parole semplici e dirette.

Sarebbe bello se tutti riuscissimo a fregarcene del nostro aspetto esteriore, senza subire ripercussioni psicologiche. Se così fosse non esisterebbero le cure anti calvizie, non le adotterebbe nessuno!

Invece l'animale sociale uomo ha bisogno anche di questo: dell'apparire, dell'essere accettato dai suoi simili e di dare un'immagine di se migliore possibile. E non è solo la società dell'immagine che ci inculca questo, se anche gli antichi romani usavano stratagemmi per nascondere la pelata!!

 

ronald

Utente
6 Maggio 2003
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julien, sicuramente giulio cesare e napoleone (ce lo aggiungo io), erano ragazzi INSICURI e FRAGILI, e oltre tutto molto ignoranti, visto che non avevano letto la bibbia[sp][sp][sp]
 

juliensorel

Utente
21 Marzo 2005
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Citazione:Messaggio inserito da Ronald
julien, sicuramente giulio cesare e napoleone (ce lo aggiungo io), erano ragazzi INSICURI e FRAGILI, e oltre tutto molto ignoranti, visto che non avevano letto la bibbia[sp][sp][sp]


[;)][;)] Si, giusto, anche Napoleone! uomini d'arme che di preoccupano di capelli!
 

caramello

Utente
21 Luglio 2006
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allora ivo gli uomini che hanno ancora i capelli a 40 - 50 anni non sono uomini maturi! Piuttosto presuntuoso affermare che la verità è quella che dici tu[X]
 

rockabilly

Utente
16 Settembre 2007
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Mi scuso con vash per l'oot ma voglio solo sottoscrivere e controfirmare il post di Julien.
Inoltre aggiungo che la calvizie per l'uomo come per la donna (problema in quest'ultima per così dire amplificato da fattori che generalizzando potrei definire culturali, come accade per la canizie del resto) ha delle forti ripercussioni sulla sfera della personalità attraverso il corpo, in un continuum umano che va oltre le comuni distinzioni mente/corpo e soggettivo/oggettivo.
Giusto per fare un esempio ad Ivo, potrei parlare di un fenomeno analogo nella qualità ma ovviamente non sovrapponibile ai problemi di si sente una donna (un uomo) rinchiuso nel corpo di un uomo (una donna).
 

ivobernardini

Utente
20 Agosto 2006
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Se prendiamo invece in considerazione la nozione di qualità di vita, con tutto ciò che soggettivamente ne consegue, allora se una cosa pregiudica la qualità della vita è anche una patologia


Va bene, allora è una patologia anche l'aumento delle rate dei mutui a tasso variabile, cosi' come il terrorismo, cosi' come la microcriminalità, cosi' come il pattume di Napoli, cosi' come le ruberie dei nostri politici. Siccome compromettono la qualità della vita sono patologie. Sono d'accordissimo. Lo è meno l'O.M.S., ma fa niente.
Dovresti leggere Gli inventori delle malattie di J. Blech Editore Lindau. Inventiamo le malattie per VENDERE prodotti, cosmeticume e presidi medico-chirurgici...... storia vecchia.
Vi insegno una cosa, da epistemologo della medicina. DIFFIDATE delle patologie per cui la cura risulta costosissima e non è pagata dallo Stato, con tutta probabilità NON SONO VERE PATOLOGIE, sono fenomeni commerciali (anzi diro' di più MERCEOLOGICI) indotti dal sistema. Meditateci ragazzi prima di spendere i vostri soldini.
 
6 Marzo 2006
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il discorso di ivo non fa una grinza, però va obiettato che una patologia nuova, nel senso che viene considerata tale da pochi e da poco tempo, non viene subito accettata dalla comunità scientifica. Prima va posta come problema, poi giustificata e infine, tappa più controversa, accettata dalla comunità di studiosi.
Ancor di più una branca nuova del sapere, portata avanti da medici che in un certo modo possiamo definire pionieri,per esser accettata dalla comunità degli specialisti deve passare numerose prove e controprove. Deve essere verificata, sottoposta a controllo ed infine accettata dalla comunità scientifica, la quale, può far storcere il naso a chi crede in una Scienza con la S maiuscola in cui ha ancora valore il concetto di Verità Assoluta, sceglie in maniera ANCHE arbitraria, ANCHE deviata dall'abitudine, dall'assuefazione a pratiche condivise da decenni e da migliaia di medici.

Quindi, e qui volevo arrivare, potremmo anche trovarci in un caso in cui cure in realtà valide non siano pagate dallo Stato perchè incontrano le resistenze degli addetti ai lavori, degli specialisti, membri di commissioni ministeriali che valutano la validità o meno di una terapia, resistenze di chi ha sempre saputo che esiste la Dermatologia e punto, e la tricologia ha sempre considerato una sciocchezza, materia da ciarlatani, da parrucchieri e non da Medici DOC.

La calvizie, dal momento che l'immagine ha raggiunto un valore immenso, spropositato, nella società odierna, può generare delle patologie (psicologiche) con ripercussioni sulla vita sociale di molti giovani. E' inutile dir loro: abituatevi, tanto è sempre andata così!

 

khil

Utente
6 Febbraio 2004
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vedi Ivo non è nemmeno necessario arrivare a definire, come fa Julien, cosa sia una patologia, per farvi rientrare poi l'alopecia androgenetica e porre il dato così acquisito come discriminante atta a decidere chi soffra plausibilmente e chi no:il naso aquilino e il seno piccolo non sono patologie immagino, eppure condizioni da sole sufficienti a poter generare ansia e sofferenza e, spesso osserviamo, da risolvere con la chirurgia.Domando, sono cause degne di essere sofferte sempre, o cmq per il solo fatto che molti ne soffrono?

sugli eunuchi e gli zoppi:ma l'incapacità a riprodurre, a godere del sesso, a correre e ad ex. fare sport, ti appaiono Julien davvero condizioni compatibili con l'assenza di patologia che per te ben rappresenterebbero, seppure per paradosso, al pari dell'alopecia androgenetica?

Ivo parla di assenza di patologia, non di non meglio identificata aspettativa di vita...!

su cesare, napoleone e sulla bibbia faremmo buio, in sostanza il fatto che alcuni uomini di forte personalità e di chiara fama abbiano sofferto dell'inestetismo legato alla calvizie non significa evidentemente:

nè che abbiano accusato il problema in modo patologico (se così fosse stato e secondo alcuni vostri parametri invalidanti ad essa da voi riferiti la calvizie ne avrebbe inficiato strutture mentali e comportamenti e difficilmente sarebbebro assurti alle cronache...)

nè che tutti coloro che sono calvi siano legittimati a soffrirne, o diciamo meglio a farlo oltre un certo limite.

lo stesso Marliani, involontariamente al centro dell'intento iniziale del topic dice che l'alopecia androgenetica è da taluni considerata una patologia, nel senso che...da tal'altri no, introducendo egli con ciò un suo onestissimo quanto personale dubbio!!!Dubbio che rimane quantomeno lecito.

http://guide.dada.net/tricologia/interventi/2004/04/155223.shtml

in sintesi, che l'alopecia androgenetica possa portare disagio psicologico è fisiologico e pacifico.Dipende solo da quale e quanto disagio e per quanto tempo.

oltre un certo limite non è più un problema di soli capelli.
 

juliensorel

Utente
21 Marzo 2005
6,223
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Citazione:sugli eunuchi e gli zoppi:ma l'incapacità a riprodurre, a godere del sesso, a correre e ad ex. fare sport, ti appaiono Julien davvero condizioni compatibili con l'assenza di patologia che per te ben rappresenterebbero, seppure per paradosso, al pari dell'alopecia androgenetica? Ivo parla di assenza di patologia, non di non meglio identificata aspettativa di vita...!

l'aga non pregiudica l'aspetto funzionale dell'organismo, dal punto di vista meramente biologico. La castrazione impedisce la funzione sessuale e l'essere zoppi pregiudica certi tipi di attività e non necessariamente tutto lo sport in senso lato.
Naturalmente la mia affermazione ha valore provocatorio così come è provocatoria l'associazione solo apparentemente coerente di Ivo riguardo al fatto che ci sono eventi esterni al soggetto che pregiudicano la qualità della vita e che quindi verrebbero sussunti sotto la categoria patologia. Io ovviamente non prendevo in cosiderazione le variabili esogene che determinano la qualità della vita fino a includere la società (che comunque al di là di ogni metafora può essere considerata effettivamente malata o meno), ma mi riferivo più strettamente a quegli aspetti endogeni, genetici o acquisiti accidentalmente, propri del soggetto, che apportano sofferenza. Per me patologico è tutto ciò che ingenera patos, che porta dolore e sofferenza e quindi incide sulla qualità della vita.
Il soggetto non è una monade, una entità ipostatica senza relazioni con la cultura e la società esterna, al contrario è un essere che vive di relazioni, vive a pieno titolo nell'orizzonte valoriale della società. Qundi se la società valorizza l'attributo alopecia in modo tale da renderlo fortemente non desiderabile, allora la presenza di tale attributo sarà vissuto con sofferenza, disagio, e sarà degno cercare una cura e quindi considerare tale attributo una patos-logia (come in effetti si sta cercando di fare oltre i confini angusti di questo paese).
Quello che poi volevo aggiungere con i casi di Giulio Cesare e Napoleone ecc.. (a proposito, pare che l'austero Freud utilizzasse una lozione in età tarda per prevenire la perdita di capelli!) è che il problema capelli non è affatto specificamente contemporaneo , ma risiede nella natura dell'uomo perché presente in epoche e contesti culturali differenti. E' transculturale e transtorico, opprime l'autostima individuale indipendentemente dallo status sociale occupato.

Ivo solleva la questione del Disease Mongering, gli ricordo che è sempre pericoloso assumere infallibilmente il senso di patologico in base a certi presunti parametri di oggettività. Vi sono diversi casi in cui ciò che è patologia e ciò che è considerato normale variano di epoca in epoca e la pratica medica si mescola e si confonde con considerazioni etico-morali, sempre relativistiche, storicizzate. (vogliamo fare l'esempio dell'omosessualità? del movimento antipsichiatrico?)

A dispetto poi di considerazioni puramente culturali, non mi pare che l'alopecia sia così fisiologica, se è vero che non è propria di tutte le etnie, e a livello istologico i follicoli alopecici sono come precocemente invecchiati.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/...ez.Pubmed.Pubmed_ResultsPanel.Pubmed_RVDocSum

Infine, se Marliani non considera patologica l'alopecia androgenetica perché si ostina a curarla ricevendo pazieni alopecici o presunti tali? (non ultimo perché continia a sostenersi economicamente quasi esclusivamente attraverso questa attività?*)

* vabbé ci saranno i casi di areata, di effluvio da stress, di female pattern hairloss, magari con la complicazione dell'ovaio policistico, ma è indubbio che gram parte delle entrate di questi dermatologi sono in relazione alla calvizine comune, una presunta non patologia.
 

liamgallagher

Utente
20 Ottobre 2006
236
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Considerare l'AGA un problema relativo è da ipocriti io credo...Cioè c'è che la prende bene e con filosofia, e chi la prende male (tipo me) ma, senza farsi abbattere, continua le cure per mantenere una situazione normale e dignitosa e riuscire a guardarsi allo specchio senza cadere in depressione..perchè credo che la depressione sia riconosciuta come male del secolo,e non capisco perchè, se l'aga la provoca, non dovrebbe essere considerata una malattia, di natura psicologica, ma sempre una malattia...
Sul fatto che sia normale un diradamento...bhe credo che una cosa sia iniziare a 35 anni per un uomo..e se davvero ci tiene all'immagine, con la giusta determinazione nelle cure e con aiuti (trapianto) può arrivare a una situazione accettabile fino a dopo 50 anni...e poi in questo caso la cosa può essere inquadrata in un normale invecchiamento fisiologico...La cosa che nn è normale è vedere situazioni già disastrose anche a 22-23 anni...Sarà un problema solo estetico,sarò io paranoico, ci saranno ragazze a cui piacciono i ragazzi senza capelli....ma questi ultimi meglio averceli..e io darei qualunque cosa per non avere questo problema, non solo per i capelli in sè..ma soprattutto per la spensieratezza che deriva dal non dover pensare a tutte le cure e le paranoie che a volte (anke se si è in una situazione abbastanza buona come me rispetto ad altri) ci facciamo...
Ripeto: non sopporto quelli che dicono che non è un problema..non sarà un problema per loro..ma non pretendano che tutti siano d'accordo...è la stessa questione della bellezza: non è importante,conta altro..ma vorrei sfidare kiunque a scegliere tra 2 ragazze che ti rendono felice e che ti fanno stare bene e una ha le sembianze di Valeria Mazzza mentre l'altra è brutta...Siamo tutti bravi a fare certi discorsi mala veritàè che spesso siamo ipocriti
Io questo problema sarei più contento se nn ci fosse...
 

ivobernardini

Utente
20 Agosto 2006
2,222
0
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Tu una malattia vera non sai nemmeno cosa sia. Te lo dico da medico. Vai in un ospedale e parla con un diabetico insulinodipendente di 16 anni, con un malato di reni, con un paziente con leucemia mieloide cronica o col cancro, con un cardiopatico in attesa del trapianto.
Allora forse rientrerai nel pianeta terra. E buon week-end.
 

rockabilly

Utente
16 Settembre 2007
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Ivo.
E' per gente come te che per anni l'aga è stata ignorata per anni dalla comunità medica e scientifica.
Il fatto che esistano patologie ben più importanti non ti autorizza a delegittimare la sofferenza altrui per questa condizione.
Parlare di psicopatologia o nevrosi nel caso di gente che vive male la calvizie è come parlare di omosessualità come problema mentale (come si faceva sino agli anni '50 del resto): oltre al disease mongering c'è anche la manufacture of madness.
Avere una propria idea è un conto ma cercare di imporre le proprie categorie mentali agli altri è ben altra cosa.
 

liamgallagher

Utente
20 Ottobre 2006
236
1
165
Citazione:Messaggio inserito da ivobernardini
Tu una malattia vera non sai nemmeno cosa sia. Te lo dico da medico. Vai in un ospedale e parla con un diabetico insulinodipendente di 16 anni, con un malato di reni, con un paziente con leucemia mieloide cronica o col cancro, con un cardiopatico in attesa del trapianto.
Allora forse rientrerai nel pianeta terra. E buon week-end.


Infatti io nn ho paragonato il problema aga ad altre malattie quali quelle che tu hai citato...Ho solo detto che l'aga è capace di distruggere psicologicamente certe persone e creare in esse stati di ansia e depressione (la quale, quest'ultima, mi pare sia entrata nel gergo delle malattie)...Che poi c'è di peggio sono d'accordissimo..ma non pretendere che tutti la prendano con filosofia e non ne facciano un problema, perchè non siamo tt uguali...Non so potrai prendermi pre un superficiale..uno che pensa solo ad apparire...Fallo nn c'è problema...ma vai a dire ad una ragazza senza un capello se è solo un problema estetico...
ti saluto
 

khil

Utente
6 Febbraio 2004
1,883
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Citazione:ma mi riferivo più strettamente a quegli aspetti endogeni, genetici o acquisiti accidentalmente, propri del soggetto, che apportano sofferenza. Per me patologico è tutto ciò che ingenera patos, che porta dolore e sofferenza e quindi incide sulla qualità della vita.
concedi però come la tua appaia una visione proprio 'monadica', per la quale esistono tante patologie quante sono le nostre sofferenze endogene e per la quale i due termini diventano addirittura omologhi.Ora se facciamo equivalere ogni sofferenza (pur endogena) ad una patologia e come tale la rendiamo soggetta a terapie certo immagino esogene, cosa facciamo di diverso dal creare quel modello di società malata di cui anche tu parli, dove la responsabilità del singolo di fronte ai propri limiti caratteriali e psichici viene alienata in quanto tale e poi annullata sull'altare di questa estetizzazione patogenica della sofferenza individuale (quale che sia purchè endogena) che tu proponi?
Citazione:Il soggetto non è una monade, una entità ipostatica senza relazioni con la cultura e la società esterna, al contrario è un essere che vive di relazioni, vive a pieno titolo nell'orizzonte valoriale della società. Qundi se la società valorizza l'attributo alopecia in modo tale da renderlo fortemente non desiderabile, allora la presenza di tale attributo sarà vissuto con sofferenza, disagio, e sarà degno cercare una cura e quindi considerare tale attributo una patos-logia (come in effetti si sta cercando di fare oltre i confini angusti di questo paese).
premettendo quanto ribadito ogni volta, e cioè come il disagio psicologico per l'incipiente calvo sia fisiologico (e non sia dirimente se averlo o meno, ma averne quanto e per quanto tempo, rimandandosi con ciò al concetto di psiche dinamica), ritorna qui il tema della società non meglio specificata, cosa sia, cosa (chi) rappresenti, in quali casi (se) sia opportuno definirla come un corpo semovente e quindi da noi avulso.Banalmente, la società, gli altri, siamo (anche) noi.Dunque chi valorizza negativamente il connotato alopecia senza il nostro contributo?Dopodichè andiamo a vedere ancora una volta chi fisicamente davvero tale paradigma propone:i media, i pubblicitari, il cinema, lo spettacolo, certa medicina estetica.
Non si invochi per favore il concetto/blob di società mediatica, che pure ha una sua valenza, ma come lettura di un fenomeno, non certo della sua assunzione come dogma inscalfibile o come totem invincibile.
Perchè si torna lì, c'è sempre quella variabile che si chiama libertà del singolo e che spesso viene dimenticata, sminuita, vilipesa, per comodo da alcuni, per comodità da altri.
Citazione:Quello che poi volevo aggiungere con i casi di Giulio Cesare e Napoleone ecc.. (a proposito, pare che l'austero Freud utilizzasse una lozione in età tarda per prevenire la perdita di capelli!) è che il problema capelli non è affatto specificamente contemporaneo , ma risiede nella natura dell'uomo perché presente in epoche e contesti culturali differenti. E' transculturale e transtorico, opprime l'autostima individuale indipendentemente dallo status sociale occupato.una lettura diversa, soprattutto se il riferimento è sempre a personaggi di grande e chiara fama, è che il narcisismo (freud proprio lui...) e l'egotismo sono transculturali e transtorici.

Citazione:Ivo solleva la questione del Disease Mongering, gli ricordo che è sempre pericoloso assumere infallibilmente il senso di patologico in base a certi presunti parametri di oggettività.questo è vero, il concetto di patologia si allasca sempre più ( o forse si annacqua...si stempera...?) dietro al contributo della medicina olistica, ma appare altrettanto pericoloso correlare direttamente qualunque propria sofferenza (anche solo endogena) al termine patologia proprio per quanto accennato sopra.


Citazione:Infine, se Marliani non considera patologica l'alopecia androgenetica perché si ostina a curarla ricevendo pazieni alopecici o presunti tali? (non ultimo perché continia a sostenersi economicamente quasi esclusivamente attraverso questa attività?*)
* vabbé ci saranno i casi di areata, di effluvio da stress, di female pattern hairloss, magari con la complicazione dell'ovaio policistico, ma è indubbio che gram parte delle entrate di questi dermatologi sono in relazione alla calvizine comune, una presunta non patologia.

perchè i medici (alcuni) non curano o non si occupano solo di patologie e non hanno bisogno (piaccia o meno) di trovare la loro coerenza deontologica nella definizione oltre ogni possibile dubbio delle medesime.Rinoplastica e mastoplastica ad esempio costituiscono fonti di reddito ben al di là della loro valenza risolutiva nel quadro clinico del paziente.

si tratta per contro di realizzare la legittima capacità della persona di soffrire molto anche per questioni che non sono patologiche (di accettare qualunque propria intima sofferenza con più coraggio, senza il bisogno deresponsabilizzante di allocarla nell'ambito delle patologie, e mi concedo un a maggior ragione se magari da 10 anni [certo non da 6 mesi] si soffre di alopecia androgenetica) come tali di ricevere aiuti medico/canonici e anche non.Riproponendo però la centralità del libero arbitrio del singolo, quindi della sua libertà di azione e capacità di risoluzione delle proprie sofferenze fisiologiche e non necessariamente patologiche.
 

ivobernardini

Utente
20 Agosto 2006
2,222
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E' per gente come te che per anni l'aga è stata ignorata per anni dalla comunità medica e scientifica.
Il fatto che esistano patologie ben più importanti non ti autorizza a delegittimare la sofferenza altrui per questa condizione.

[/quote]

Io non credo che la ricerca debba occuparsi della calvizie del maschio adulto. I fondi vanno destinati a questioni più serie, a patologie che fanno MORIRE la gente.
Circa l'ansia e la depressione sono delle malattie.
Io ho un paziente che si è operato al naso 4 (quattro) volte, 4 rinoplastiche per un naso che in realtà è PERFETTO e che lui vede come ancora difettoso. Si chiama DISMORFOFOBIA.
Finchè trova dei chirurghi estetici che gli prendono 6.000 eurini per un intervento lui ci va.
Non tutti i colleghi sono persone serie. Io lo sono.

 

dag

Utente
13 Agosto 2006
1,114
0
415
Citazione:Messaggio inserito da ivobernardini
E' per gente come te che per anni l'aga è stata ignorata per anni dalla comunità medica e scientifica.
Il fatto che esistano patologie ben più importanti non ti autorizza a delegittimare la sofferenza altrui per questa condizione.



Io non credo che la ricerca debba occuparsi della calvizie del maschio adulto. I fondi vanno destinati a questioni più serie, a patologie che fanno MORIRE la gente.
Circa l'ansia e la depressione sono delle malattie.
Io ho un paziente che si è operato al naso 4 (quattro) volte, 4 rinoplastiche per un naso che in realtà è PERFETTO e che lui vede come ancora difettoso. Si chiama DISMORFOBIA.
Finchè trova dei chirurghi estetici che gli prendono 6.000 eurini per un intervento lui ci va.
Non tutti i colleghi sono persone serie. Io lo sono.
[/quote]

Ognuno è libero di fare quello che vuole secondo le norme vigenti

così come nessuno ti vieta ad essere diverso

ciao

[:D]
 

smith

Utente
8 Settembre 2007
503
0
265
Citazione:Messaggio inserito da ivobernardini
Si chiama DISMORFOBIA.



Foforse intendidi direre dismorfofobia?
 

juliensorel

Utente
21 Marzo 2005
6,223
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Citazione:per la quale esistono tante patologie quante sono le nostre sofferenze endogene e per la quale i due termini diventano addirittura omologhi. Ora se facciamo equivalere ogni sofferenza (pur endogena) ad una patologia e come tale la rendiamo soggetta a terapie certo immagino esogene, cosa facciamo di diverso dal creare quel modello di società malata di cui anche tu parli, dove la responsabilità del singolo di fronte ai propri limiti caratteriali e psichici viene alienata in quanto tale e poi annullata sull'altare di questa estetizzazione patogenica della sofferenza individuale (quale che sia purchè endogena) che tu proponi?

Questo è un gioco retorico del tutto gratuito, una fallacia logica, una distorsione. Non ho mai preteso sostenere che la sofferenza in sé è patologia, ma è innegabile che la patologia si accompagna sempre alla sofferenza.
Soffrire di rimorso per aver perduto un’occasione, o soffrire di senso di colpa per aver recato gravi danni morali e fisici a terzi non sono necessariamente condizioni patologiche.
Qui non si parla di de-responsabilizzazione della sofferenza, come se questa sia una cosa da espungere totalmente dalla vita.
Ma la società, malata o meno, e di cui non parlo affatto, (dato che sarei andato abbondantemente off topic) non si guasta certo perché la scienza promuove la qualità della vita, migliorando la salute: la sofferenza in sé non è un valore da ricercare.
La ragione, parafrasando Whitehead ha la funzione di promuovere l’arte del vivere. In vista di questo fine la ragione agisce in base a un triplice impulso 1) vivere, 2) vivere bene 3) vivere meglio. Curare l’alopecia significa vivere meglio? Per alcuni si. Tanto basta.
Ci sono naturalmente sofferenze curabili secondo la pratica medica, e sofferenze non risolvibili se non attraverso la maturazione, la crescita interiore degli individui, che esulano dalla medicina: sofferenze per l'appunto non patologiche. Oggi non esiste una vera e propria cura definitiva per l’alopecia androgenetica, ma la possibilità di questa comincia a profilarsi, checche ne dica Ivo o i critici del Disease Mongering, la possibilità di una cura, di un intervento non è in sé affatto immorale.
Credere che perdere i capelli sia fisiologico e quindi non sidebba interventire significa pensare in termini ideologici e intolleranti. Restano peraltro tutte le altre obiezioni del precedente post cui non è stato replicato.

Citazione:Ritorna qui il tema della società non meglio specificata, cosa sia, cosa (chi) rappresenti, in quali casi (se) sia opportuno definirla come un corpo semovente e quindi da noi avulso.Banalmente, la società, gli altri, siamo (anche) noi. Dunque chi valorizza negativamente il connotato alopecia senza il nostro contributo?Dopodichè andiamo a vedere ancora una volta chi fisicamente davvero tale paradigma propone:i media, i pubblicitari, il cinema, lo spettacolo, certa medicina estetica.
Non si invochi per favore il concetto/blob di società mediatica, che pure ha una sua valenza, ma come lettura di un fenomeno, non certo della sua assunzione come dogma inscalfibile o come totem invincibile.
Perchè si torna lì, c'è sempre quella variabile che si chiama libertà del singolo e che spesso viene dimenticata, sminuita, vilipesa, per comodo da alcuni, per comodità da altri.

Sembra quasi che mi si accusi di non specificare che cosa sia la società come se dare una tale definizione sia qualcosa di pacifico: non lo è affatto e non ci si può impedire di usare certe nozioni primitive (certo non mi posso accontentare di una definizione del tipo: “la società siamo anche noi”). Inutile e impossibile provare a definire in poche righe il concetto di società. Per averne un’idea bisognerebbe probabilmente scartabellare vari passi di una interminabile serie di libri, partendo dalla Politica di Platone. La società siamo anche noi, ma questo è vero e non vero: la società è anteriore all’individuo, come il linguaggio, le conoscenze e le pratiche attraverso cui questi viene socializzato e la società è anche più grande di lui e più potente di lui (è più probabile che la società ci condizioni o il contrario?). Non si dovrebbero inoltre assumere mai nozioni prese isolatamente: la società richiama altre nozioni come la cultura, il diritto, l’istruzione, il lavoro, il commercio, le relazioni pubbliche e private.
Fai bene a rivendicare il libero arbitrio (qualunque cosa esso significhi non mi stancherò di credere nella sua esistenza, ma più per un atto di fede che per cogitazione-dimostrazione, in cui peraltro hanno fallito menti meglio dotate della mia) ma non è che la sofferenza per l’alopecia sia dovuta unicamente a un fenomeno di opinione pubblica, di ideologia, e che quindi la cura dell’alopecia risponda a un falso bisogno (bisogno di mostrare una chioma sana) per fini puramente commerciali, una manipolazione pubblicitaria, mediatica o ideologica. (Disease mongering) Che la calvizie sia qualcosa di fortemente indesiderabile sarà anche un epifenomeno secondario di marketing/merchandising dove la valorizzazione della giovinezza e della salute divengono più che un fatto medico un fatto di mercato. Ma è qualcosa che si installa su una assiologia che, devo ripetermi, non è storicamente né socialmente determinata, e che non mi sento di accostare più di tanto al narcisismo. Sono secoli che l’uomo cerca di curarsi i capelli, di acconciarli, renderli esteticamente gradevoli, di camuffare la mancanza di capelli con particolari pettinature, con parrucche ecc.. Sono cioè secoli che i capelli sono un attributo corporale fortemente investito di valore simbolico. (i capelli lasciati crescere come segno di voto nelle varie culture, i capelli nascosti sotto il velo come zona da nascondere perché sede di nudità non esibibile in pubblico ecc... )
La preoccupazione per la loro perdita dunque non è un evento psicologico monadico, unico, inanalizzabile e circoscritto nell’individuo, ma nomade disperso nelle varie culture nel tempo e nello spazio, rinvenibile quindi, in termini strutturali come avrebbe detto Levi Strauss, come una preoccupazione estetica universale o quasi.(ricorda in qualche modo la paura della castrazione freudiana)

Citazione:perchè i medici (alcuni) non curano o non si occupano solo di patologie e non hanno bisogno (piaccia o meno) di trovare la loro coerenza deontologica nella definizione oltre ogni possibile dubbio delle medesime.Rinoplastica e mastoplastica ad esempio costituiscono fonti di reddito ben al di là della loro valenza risolutiva nel quadro clinico del paziente.

Allora questi medici che non si preoccupano di deontologia nella definizione di che cosa è patologia e di cosa non è e che parimenti non si fanno scrupoli a lucrare soldi dalle tasche di individui che non considereano malati non vengano a farci anche la morale, poiché non sono loro stessi un esempio di morale.