Citazione:Messaggio inserito da Yuza delle nuvole
x marina: Non ci vado cauto sulla descrizione di omosessualità come patologia! E' vero sono persone come noi! Ma il loro organismo ha qualche difetto!
Yuza, è molto più complesso di quello che credi... leggiti questo estratto (è un po' lungo ma interessante anche dal punto di vista medico):
Com’è noto, in ambito psicoanalitico è abbastanza diffuso il paradigma “omosessualità = patologia”, o meglio, “eterosessualità = sanità”, che determina un approccio verso pazienti gay e lesbiche orientato allo sviluppo di quelle caratteristiche di personalità considerate “normali”, quindi sane, a scapito di altre, ritenute, a priori, immature. In questo senso, la psicoanalisi rientra nel novero di quelle teorie che non hanno saputo adattarsi alle nuove conoscenze emerse in ambito scientifico e, soprattutto, alle più recenti evoluzioni dei costumi sociali. Tale rigidità può essere ricondotta a due ordini di motivi. Il primo è che la teoria degli stadi di sviluppo psicosessuale enunciata da Freud, che individua nell’eterosessualità la tappa più evoluta dello sviluppo dell’individuo, appare fondante rispetto a tutto l’insieme di costrutti teorici che caratterizzano la psicoanalisi e pertanto rivederla implicherebbe uno stravolgimento generale dei paradigmi ad essa collegati. Il secondo ordine di motivi può derivare da una latente omofobia che serpeggia anche in ambito clinico, nonostante il lungo percorso formativo degli analisti, che prevede anni di analisi personale e supervisioni.
Inoltre, tra molti professionisti della salute mentale, psicoanalisti inclusi, sembra perdurare ancora una certa confusione su cosa significhi realmente il termine “omosessualità”. Innanzitutto, vi è una certa confusione tra alcuni termini fondamentali quali “identità sessuale” e “identità di genere” e anche “orientamento sessuale” e “ruolo sessuale”. È importante tenere presente che il concetto di identità sessuale non è unico e semplice, ma molteplice e complesso, essendo composto da diversi fattori, tutti ugualmente importanti: il sesso biologico, l’identità di genere, il ruolo sessuale (o ruolo di genere) e l’orientamento sessuale (Pietrantoni, 1999). Il sesso biologico è dato dall’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile determinata a livello cromosomico. L’identità di genere si configura come l’identificazione primaria della persona come maschio o femmina e rappresenta un tratto permanente che si stabilisce di solito nella prima infanzia (Money e Tucker, 1975). Il ruolo sessuale, o ruolo di genere, è costituito invece dall’insieme delle aspettative su come uomini e donne si debbano comportare in una data cultura e in un dato periodo storico ed è quindi un tratto variabile (Pietrantoni, 1999). Infine, l’orientamento sessuale riguarda l’attrazione erotica ed affettiva per i membri del sesso opposto, dello stesso sesso o entrambi; può quindi venire definito eterosessuale, omosessuale o bisessuale. Un’altra distinzione fondamentale si deve effettuare anche tra il termine “orientamento sessuale”, inteso come insieme di sensazioni e preferenze durature nel tempo, e il termine “comportamento sessuale”, utilizzato invece per descrivere pratiche e atti sessuali anche estemporanei (esistono infatti soggetti, sia uomini che donne, che hanno rapporti con persone dello stesso sesso, come esperienza più o meno occasionale, e non si sentono né si definiscono per questo omosessuali).
Tutte queste distinzioni dovrebbero aiutare a capire l’ampiezza dei vissuti e dei comportamenti umani in ambito sessuale e a prendere atto che esistono situazioni che si muovono lungo continuum bipolari ai cui estremi ci può essere il maschile e il femminile (sesso biologico), ma anche la mascolinità e la femminilità (identità di genere e ruolo sessuale) o l’eterosessualità e l’omosessualità (orientamento sessuale). Spesso esistono sfumature assai sottili tra queste manifestazioni della sessualità umana ed è pertanto assai difficile catalogare le une o le altre nell’ambito certo della “normalità/sanità” o della “anormalità/patologia”. È importante, inoltre, tenere presente che nell’omosessualità non è in discussione l’identità di genere, come spesso si crede, ma solo l’orientamento sessuale, quindi la “scelta” dell’oggetto d’amore. Nei casi in cui vi sia un vissuto “distorto” dell’identità sessuale non si parla infatti di omosessualità ma, piuttosto, di “transessualismo” (nel caso in cui sia stato iniziato o concluso un percorso di riattribuzione del genere con interventi di tipo chirurgico e ormonale) o di “trangender” (nel caso di persone che non si sono sottoposte a un riadattamento del genere ma non si sentono comunque in sintonia con il proprio sesso biologico).
Tratto da http://www.oliari.com/psicologia/gandolfi.html
PSICOTERAPIA E OMOSESSUALITA' all’inizio del terzo millennio
di dott.ssa Rosanna Gandolfi (psicologa e psicoterapeuta)
Ciao
Marina