Guardate credo che la materia di cui trattiamo sia davvero molto bella e appassioni per l'importanza che riveste.Io dico proviamo ad avvicinarci senza pregiudizi e magari cercando i dati
al di là di situazioni effettive a carico di alcune categorie che sicuramente appaiono e sono odiose per me quanto per voi.
vi riporto un articolo piuttosto nel merito della questione, sempre del giuslavorista di sinistra Pietro Ichino:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2007/06_Giugno/18/Le_leggende_sulla_Biagi.shtml
Il lavoro precario è fermo dal 2001
Le leggende sulla Biagi
di
Pietro Ichino
Le modifiche alla legge Biagi annunciate dal ministro del Lavoro sono quelle indicate fin dall' anno scorso nel programma elettorale dell'Unione come necessarie per la lotta contro il lavoro precario: abolizione del lavoro a chiamata, o job on call, e dello staff leasing. Il ministro però farebbe bene a rispondere in modo preciso e pertinente alle obiezioni che da più parti, e anche dall'interno dello schieramento di centro-sinistra, sono state mosse contro questo punto del programma.
Quanto al job on call, si tratta in sostanza dei contratti a termine di brevissima durata, che sono sempre esistiti: sono quelli del cameriere ingaggiato a giornata per un banchetto, o della hostess per un congresso;
la legge Biagi non aveva fatto altro che dettare alcune norme più rigorose per questi casi, rispetto al vuoto normativo precedente. Ora, il governo intende abrogare queste norme per tornare alla libertà totale che vigeva prima? Oppure intende vietare l'ingaggio del cameriere per un banchetto o della hostess per un congresso?
Quanto allo staff leasing, tutti ormai sanno che si tratta di una forma di organizzazione del lavoro che prevede l'assunzione a tempo indeterminato, con una stabilità persino superiore rispetto a quella del rapporto di lavoro ordinario: il lavoratore in staff leasing è protetto contro il licenziamento non soltanto dall' articolo 18 dello Statuto, ma anche dal divieto di licenziamento collettivo. Con questo nuovo tipo di contratto la legge Biagi intendeva offrire, nel settore dei servizi all'impresa ad alta intensità di lavoro (pulizia, facchinaggio, marketing, servizi informatici, ecc.), un rapporto assai più stabile e protetto ai lavoratori che oggi svolgono questi servizi come dipendenti di aziendine appaltatrici, cui sovente l'articolo 18 non si applica e che, quando cessa l'appalto, sono ad alto rischio di perdere il posto. Libero, ovviamente, il governo —al di là delle buone intenzioni del ministro — di preferire i mini-appalti; ma che cosa c'entra l'abolizione dello staff leasing con la lotta al precariato?
Vengono preannunciate anche modifiche restrittive alla disciplina del contratto a termine, che non è contenuta nella legge Biagi, bensì in un decreto legislativo di due anni precedente (n. 368/2001).
Ma non esiste alcuna evidenza di una responsabilità di quel decreto nel fenomeno dell'aumento del lavoro precario. La realtà è che l'aumento del lavoro precario ha incominciato amanifestarsi fin dagli anni 70 ed è continuato ininterrottamente fino alla fine degli anni 90, per poi arrestarsi proprio negli anni della penultima legislatura.
Questo è riconosciuto anche in un libro scritto prevalentemente da sociologi ed economisti di sinistra, di cui il ministro Damiano e il presidente della Commissione lavoro del Senato Tiziano Treu hanno scritto una laudativa prefazione (La «legge Biagi». Anatomia di una riforma, Editori Riuniti, 2006). Qui, in un saggio dell'economista Gianni Principe, si legge: «Se stiamo ai dati Istat sulla diffusione del lavoro a termine, il 2001 non ha segnato nessuna svolta, ma piuttosto un momento di declino»; «inoltre il divario dalla media europea ... appare di una certa consistenza (circa cinque punti in meno), da cui si potrebbe dedurre che abbiano ragione quanti oppongono alle teorie sulla precarizzazione la constatazione rassicurante di una buona capacità di tenuta del nostro sistema di norme a protezione dei lavoratori ».
Stessa musica nel contributo del sociologo Aris Accornero, molto vicino alla Cgil: «un esame più analitico ... non sembra indicare la riforma (legge Biagi n.d.r.) come causa diretta del calo di rapporti stabili emerso nelle previsioni 2005 ... In sintesi: a) è scesa di 1,9 punti la quota di imprese che hanno utilizzato dipendenti a tempo determinato; b) è scesa di 4 punti la quota di imprese che hanno utilizzato lavoratori interinali; c) è crollata di ben 6,8 punti la quota di imprese che hanno utilizzato collaboratori coordinati e continuativi o collaboratori a progetto, ma nei soli settori privati (ovvero: nei soli settori dove la legge Biagi ha avuto applicazione! n.d.r.) ...
In sostanza, sembra che l'avvio della riforma abbia essenzialmente scoraggiato l'estensione ad altre imprese dell'utilizzo di lavoro interinale, e soprattutto di collaborazioni coordinate e continuative». Il ministro Damiano ha letto questo libro quando ne ha scritto la prefazione?
E se ne condivide il contenuto, perché insiste a cercare le cause del lavoro precario nella legislazione del lavoro del periodo 2001-2006, quando tutto sembra confermare che le sue radici affondino semmai nella legislazione del trentennio precedente?
18 giugno 2007
al di là di situazioni effettive a carico di alcune categorie che sicuramente appaiono e sono odiose per me quanto per voi.
vi riporto un articolo piuttosto nel merito della questione, sempre del giuslavorista di sinistra Pietro Ichino:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2007/06_Giugno/18/Le_leggende_sulla_Biagi.shtml
Il lavoro precario è fermo dal 2001
Le leggende sulla Biagi
di
Pietro Ichino
Le modifiche alla legge Biagi annunciate dal ministro del Lavoro sono quelle indicate fin dall' anno scorso nel programma elettorale dell'Unione come necessarie per la lotta contro il lavoro precario: abolizione del lavoro a chiamata, o job on call, e dello staff leasing. Il ministro però farebbe bene a rispondere in modo preciso e pertinente alle obiezioni che da più parti, e anche dall'interno dello schieramento di centro-sinistra, sono state mosse contro questo punto del programma.
Quanto al job on call, si tratta in sostanza dei contratti a termine di brevissima durata, che sono sempre esistiti: sono quelli del cameriere ingaggiato a giornata per un banchetto, o della hostess per un congresso;
la legge Biagi non aveva fatto altro che dettare alcune norme più rigorose per questi casi, rispetto al vuoto normativo precedente. Ora, il governo intende abrogare queste norme per tornare alla libertà totale che vigeva prima? Oppure intende vietare l'ingaggio del cameriere per un banchetto o della hostess per un congresso?
Quanto allo staff leasing, tutti ormai sanno che si tratta di una forma di organizzazione del lavoro che prevede l'assunzione a tempo indeterminato, con una stabilità persino superiore rispetto a quella del rapporto di lavoro ordinario: il lavoratore in staff leasing è protetto contro il licenziamento non soltanto dall' articolo 18 dello Statuto, ma anche dal divieto di licenziamento collettivo. Con questo nuovo tipo di contratto la legge Biagi intendeva offrire, nel settore dei servizi all'impresa ad alta intensità di lavoro (pulizia, facchinaggio, marketing, servizi informatici, ecc.), un rapporto assai più stabile e protetto ai lavoratori che oggi svolgono questi servizi come dipendenti di aziendine appaltatrici, cui sovente l'articolo 18 non si applica e che, quando cessa l'appalto, sono ad alto rischio di perdere il posto. Libero, ovviamente, il governo —al di là delle buone intenzioni del ministro — di preferire i mini-appalti; ma che cosa c'entra l'abolizione dello staff leasing con la lotta al precariato?
Vengono preannunciate anche modifiche restrittive alla disciplina del contratto a termine, che non è contenuta nella legge Biagi, bensì in un decreto legislativo di due anni precedente (n. 368/2001).
Ma non esiste alcuna evidenza di una responsabilità di quel decreto nel fenomeno dell'aumento del lavoro precario. La realtà è che l'aumento del lavoro precario ha incominciato amanifestarsi fin dagli anni 70 ed è continuato ininterrottamente fino alla fine degli anni 90, per poi arrestarsi proprio negli anni della penultima legislatura.
Questo è riconosciuto anche in un libro scritto prevalentemente da sociologi ed economisti di sinistra, di cui il ministro Damiano e il presidente della Commissione lavoro del Senato Tiziano Treu hanno scritto una laudativa prefazione (La «legge Biagi». Anatomia di una riforma, Editori Riuniti, 2006). Qui, in un saggio dell'economista Gianni Principe, si legge: «Se stiamo ai dati Istat sulla diffusione del lavoro a termine, il 2001 non ha segnato nessuna svolta, ma piuttosto un momento di declino»; «inoltre il divario dalla media europea ... appare di una certa consistenza (circa cinque punti in meno), da cui si potrebbe dedurre che abbiano ragione quanti oppongono alle teorie sulla precarizzazione la constatazione rassicurante di una buona capacità di tenuta del nostro sistema di norme a protezione dei lavoratori ».
Stessa musica nel contributo del sociologo Aris Accornero, molto vicino alla Cgil: «un esame più analitico ... non sembra indicare la riforma (legge Biagi n.d.r.) come causa diretta del calo di rapporti stabili emerso nelle previsioni 2005 ... In sintesi: a) è scesa di 1,9 punti la quota di imprese che hanno utilizzato dipendenti a tempo determinato; b) è scesa di 4 punti la quota di imprese che hanno utilizzato lavoratori interinali; c) è crollata di ben 6,8 punti la quota di imprese che hanno utilizzato collaboratori coordinati e continuativi o collaboratori a progetto, ma nei soli settori privati (ovvero: nei soli settori dove la legge Biagi ha avuto applicazione! n.d.r.) ...
In sostanza, sembra che l'avvio della riforma abbia essenzialmente scoraggiato l'estensione ad altre imprese dell'utilizzo di lavoro interinale, e soprattutto di collaborazioni coordinate e continuative». Il ministro Damiano ha letto questo libro quando ne ha scritto la prefazione?
E se ne condivide il contenuto, perché insiste a cercare le cause del lavoro precario nella legislazione del lavoro del periodo 2001-2006, quando tutto sembra confermare che le sue radici affondino semmai nella legislazione del trentennio precedente?
18 giugno 2007