Un gruppo di ricercatori di Ginevra è riuscito a trasportare
le proprietà di una particella da un laboratorio all'altro
Teletrasporto, il balzo del fotone
Ha viaggiato per due chilometri
Pensare a muovere così persone o cose è pura fantascienza
Ma si può pensare a potentissimi computer quantistici
di GIANCARLO MOLA
ROMA - Nel mondo dell'infinitamente piccolo, dove un centesimo di millimetro è già un passo da gigante, due chilometri valgono più di un viaggio nel cosmo. Così la pensano, almeno, gli scienziati del dipartimento di fisica dell'Università di Ginevra, che sono riusciti in un esperimento che, a sentirlo, sa di fantascienza ma, in realtà, è la frontiera della scienza: il teletrasporto.
L'équipe guidata dal professor Nicolas Gisin ha infatti annunciato - su un articolo oggi pubblicato sulla rivista Nature - di aver teletrasportato un fotone da un laboratorio a un altro, distante esattamente due chilometri. Un enorme passo avanti, visto che i precedenti esperimenti si erano fermati a pochi metri. Ma soprattutto la prova che la tecnica è ormai collaudata, quasi pronta ad essere utilizzata in applicazioni più concrete. Che però non sono quelle che il nome evoca e che l'immaginazione suggerisce.
In verità, il teletrasporto della scienza non ha niente a che vedere con quello della fantascienza. Nessuno viaggerà attraverso macchine che scompongono il corpo in atomi e lo ricompongono perfettamente da un'altra parte, come ha insegnato Star Trek. E le cronache non registreranno esperimenti falliti, come quello che al cinema capita al Dottor K, il protagonista di The fly, che dopo un teletrasporto si trasforma nella mosca finita per caso nel suo apparecchio.
Quello che si trasferisce, nei laboratori di Ginevra, sono semplicemente le proprietà delle due particelle. Gli scienziati in realtà trasferiscono le caratteristiche di un fotone, come fase e ampiezza, su un altro posto a distanza, spiega Marco Cattaneo, fisico e vicedirettore della rivista Le Scienze. Che spiega: Per questo, per ragioni divulgative, si potrebbe anche parlare di clonazione. Le particelle, cioè, restano distinte, anche se strettamente legate da una relazione fisica. Quello che accade all'uno, cioè, accade anche all'altra. Il teletrasporto di materia, di oggetti o addirittura di corpi viventi, resta quindi confinato alla fantasia di scrittori, registi e sognatori.
I problemi, anche in quest'ottica, abbondano ugualmente. Fra essi spicca la trasmissione delle proprietà: la minima dispersione compromette infatti la riuscita dell'esperimento. E la distanza diventa spesso un ostacolo insormontabile. È per questo che per spostare le caratteristiche delle particelle di luce il gruppo di studio Xxxxxx ha utilizzato - con particolari accorgimenti - la fibra ottica.
I due chilometri di Ginevra sono quindi una tappa importante. Di un processo che però è iniziato anni fa, sei per la precisione, in Italia. Il primo esperimento di teletrasporto lo abbiamo eseguito nel '97 nei laboratori dell'Università La Sapienza di Roma, racconta infatti Francesco De Martini, capo di quell'équipe. Siamo stati noi i veri pionieri del cosiddetto teletrasporto di uno stato quantistico, cioè della trasmissione di tutta l'informazione possibile da una particella a un'altra. Il sistema messo a punto e verificato empiricamente dagli svizzeri è importante, ma è solo un buon perfezionamento di una tecnica nota e sperimentata in diversi centri di ricerca sparsi per il mondo.
Collaudata la tecnica, restano ora da trovare le applicazioni. Che sono lontane ma già all'orizzonte. A chi può servire un sistema in grado di teletrasportare informazioni da una particella all'altra? Proprio alla scienza che di esse ha fatto la sua ragion d'essere. E cioè l'informatica. Nei computer del futuro, i bit, gli interruttori che accendendosi e spegnendosi fanno funzionare il microprocessore, potranno essere sostituiti dai cosiddetti qubit. E cioè da interruttori, per dirla in modo grossolano, costruiti sulla base delle proprietà di fotoni o elettroni. Interruttori che hanno la caratteristica di poter essere accesi e spenti allo stesso tempo. Spiegare il fenomeno vuol dire addentrarsi nei più inaccessibili meandri della fisica di oggi.
Gli effetti sono però più comprensibili: I computer quantistici dice De Martini avranno, per esempio, la capacità di calcolare, in tempi enormemente più rapidi di quelli attuali, i fattori primi di numeri a centinaia di cifre. Non è solo matematica ma anche sicurezza: i segreti militari sono protetti proprio attraverso la trasformazione in codici, in numeri, lunghissimi. Più numeri abbiamo, più al sicuro possiamo tenere i nostri dati.