Epigenetica e alopecia androgenetica

saisontor

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28 Agosto 2014
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L'epigenetica studia come stili di vita differenti, o anche regimi alimentari differenti, possono cambiare l'espressione dei geni nelle persone. In poche parole pur non avvenendo nel corso della vita cambiamenti al DNA, possono avvenire cambiamenti su come il DNA viene letto. Mi sono per questo chiesto se esistono stili di vita o di alimentazione che possono favorire o sfavorire l'alopecia non solo a livello di blocco del DHT, ma anche a livello epigenetico.

Di seguito riporto un articolo sull'epigenetica, non riferito all'alopecia, ma utile per dare un'idea sul fenomeno a chi non ce l'abbia:

Fonte: http://www.scienceinschool.org/node/4325

15/05/2014

Il cibo che ti modella: come la dieta può cambiare il tuo epigenoma

Cristina Florean

Tradotto da Valeria Soro. Sei ciò che mangi – quasi letteralmente. La nostra dieta può influenzare i piccoli cambiamenti nel nostro genoma che sono alla base di diverse malattie, compreso cancro e obesità.

Quando ti guardi allo specchio ti potresti domandare: 'Come mai, dato che tutte le cellule del mio corpo hanno lo stesso DNA, i miei organi possono sembrare così diversi e funzionare in modo diverso?' Con i recenti progressi in epigenetica, stiamo cominciando a capire. Ora sappiamo che le cellule usano il loro materiale genetico in diversi modi: i geni vengono accesi e spenti, determinando un sorprendente livello di differenziazione all'interno del nostro corpo. L’ epigenetica descrive i processi cellulari che determinano se un certo gene viene trascritto e tradotto nella sua proteina corrispondente. Il messaggio può essere trasmesso attraverso piccoli e reversibili modificazioni chimiche in cromatina (figura 1). Ad esempio, l'aggiunta di gruppi acetilici (acetilazione) alla impalcatura proteica del DNA (istoni) migliora la trascrizione. Al contrario, l'aggiunta di gruppi metilici (metilazione) in alcune regioni regolatrici dello stesso DNA riduce la trascrizione del gene. Queste modificazioni, insieme ad altri meccanismi regolatori, sono particolarmente importanti durante lo sviluppo - quando il momento esatto di attivazione del gene è fondamentale per garantire una accurata differenziazione cellulare - ma continuano ad avere un effetto in età adulta. Modificazioni epigenetiche possono verificarsi in risposta a stimoli ambientali, tra cui uno dei più importanti è la dieta. I meccanismi attraverso cui la dieta influenza l’ epigenetica non sono pienamente compresi, ma alcuni chiari esempi sono ben noti.

Durante l'inverno del 1944-1945, i Paesi Bassi subirono una terribile carestia a seguito dell'occupazione tedesca, e l’apporto nutrizionale della popolazione diminuì a meno di 1000 calorie al giorno. Le donne continuarono a concepire e a partorire durante questi momenti difficili, e questi bambini sono diventati adulti e sono adesso sulla sessantina. Recenti studi hanno rivelato che questi individui - esposti a restrizioni caloriche mentre erano nell'utero della madre - hanno un più alto tasso di condizioni croniche come il diabete, malattie cardiovascolari e obesità rispetto ai loro fratelli. I primi mesi di gravidanza sembrano aver avuto il più grande effetto sul rischio di malattia. Come può qualcosa che è accaduto prima che tu nascessi influenzare la tua vita così tanto fino a 60 anni dopo? La risposta sembra risiedere negli adattamenti epigenetici fatti dal feto in risposta al limitato apporto di nutrienti. Le esatte alterazioni epigenetiche non sono ancora chiare, ma fu scoperto che le persone che sono state esposte alla carestia in utero presentano un minor grado di metilazione di un gene implicato nel metabolismo dell'insulina (il fattore di crescita insulino-simile di tipo II) rispetto ai loro fratelli non esposti (Heijmans et al., 2008). Questo ha alcune sorprendenti implicazioni: nonostante i cambiamenti epigenetici siano in teoria reversibili, cambiamenti funzionali che avvengono durante lo sviluppo embrionale possono comunque persistere nella vita adulta, anche quando non sono più utili e potrebbero anche essere dannosi. Alcuni di questi cambiamenti possono anche persistere attraverso le generazioni, colpendo i nipoti delle donne esposte (Painter et al., 2008).

Gli effetti della dieta iniziale nella fase epigenetica sono chiaramente visibili tra le api. Ciò che differenzia le api operaie sterili dalla regina fertile non dipende dalla genetica, ma dalla dieta che seguono come larve (figura 2). Le larve designate a diventare regine sono alimentate esclusivamente con pappa reale, una sostanza secreta dalle api operaie, che accende il gene promotore che determina la fertilità dell'ape. Un altro esempio lampante di come la nutrizione influenza l’ epigenetica durante lo sviluppo si trova nei topi. Gli individui con un gene agouti attivo hanno un mantello giallo e una propensione a diventare obesi. Questo gene, tuttavia, può essere disattivato attraverso la metilazione del DNA. Se un topo agouti in gravidanza riceve integratori alimentari che possono rilasciare i gruppi metilici - come l'acido folico o la colina – i geni agouti dei cuccioli diventano metilati e quindi inattivi. Questi cuccioli sono portatori del gene agouti, ma perdono il fenotipo agouti: hanno un mantello marrone e nessun aumentata tendenza all'obesità (figura 3).

Un insufficiente assorbimento di acido folico è anche implicato in alcune condizioni dello sviluppo negli esseri umani, come la spina bifida e altri difetti del tubo neurale. Per evitare tali problemi, supplementi di acido folico sono ampiamente raccomandati per le donne incinta e per coloro che sperano di concepire (vedi Hayes et al., 2009). Che dire per quanto riguarda l'effetto della dieta sulla epigenetica nella vita adulta? Molti componenti alimentari hanno la potenzialità di causare cambiamenti epigenetici nell'uomo. Ad esempio, i broccoli e altre verdure crocifere contengono isotiocianati, che sono in grado di aumentare l'acetilazione degli istoni. La soia, d'altra parte, è fonte di genisteina, un isoflavone, che si pensa possa diminuire la metilazione del DNA in alcuni geni. Il composto del polifenolo, trovato nel tè verde, epigallocatechina-3- gallato, ha molte attività biologiche, tra cui l'inibizione della metilazione del DNA. La curcumina, un composto presente nel curcuma (Curcuma longa), può avere più effetti sull’ attivazione del gene, perché inibisce la metilazione del DNA, ma anche modula l’acetilazione degli istoni. La figura 4 mostra ulteriori esempi di molecole epigeneticamente attive.

La maggior parte dei dati raccolti finora su questi composti derivano da esperimenti in vitro. Le molecole purificate sono state testate su linee cellulari, e i loro effetti sono stati misurati su bersagli epigenetici. Resta da dimostrare se mangiare gli alimenti corrispondenti ha lo stesso considerevole effetto come si è visto nei modelli cellulari (Gerhauser, 2013). Gli studi epidemiologici, tuttavia, suggeriscono che le popolazioni che consumano grandi quantità di alcuni di questi alimenti sembrano essere meno inclini a determinate malattie (Siddiqui et al., 2007). Tuttavia, la maggior parte di questi composti non solo hanno effetti epigenetici, ma colpiscono anche altre funzioni biologiche. Un alimento può contenere molte differenti molecole biologicamente attive, rendendo difficile trarre una correlazione diretta tra l'attività epigenetica e l'effetto complessivo sul corpo. Infine, tutti gli alimenti subiscono molte trasformazioni nel nostro apparato digerente, quindi non è chiaro quanto dei composti attivi effettivamente raggiungano i loro bersagli molecolari. Come risultato dei loro effetti a lungo termine, i cambiamenti epigenetici sono coinvolti nello sviluppo di molte malattie, compresi alcuni tumori e malattie neurologiche. Come le cellule diventano maligne, o cancerogene, modificazioni epigenetiche possono disattivare i geni oncosoppressori, che impediscono un'eccessiva proliferazione cellulare (Esteller, 2007). Poiché tali modifiche epigenetiche sono reversibili, c'è grande interesse a trovare le molecole - da fonti soprattutto alimentari - che potrebbero annullare questi cambiamenti dannosi e prevenire lo sviluppo del tumore. Sappiamo tutti che una dieta ricca di frutta e verdura è salutare per la nostra vita di tutti i giorni, ma sta diventando sempre più chiaro che potrebbe essere molto più importante di questo, in quanto può avere implicazioni significative per la nostra salute e la speranza di una vita a lungo termine.

References
Esteller M (2007) Epigenetic gene silencing in cancer: the DNA hypermethylome.Human Molecular Genetics 16(1): R50-R59. doi:10.1093/hmg/ddm018
Gerhauser C (2013) Cancer chemoprevention and nutri-epigenetics: state of the art and future challenges. Topics in Current Chemistry 329: 73-132.doi:10.1007/128_2012_360
Hayes E, Maul H, Freerksen N (2009) Acido Folico: perchè i ragazzi devono conoscerlo. Science in School 13: 59-64. www.scienceinschool.org/2009/issue13/folicacid/italian
Heijmans BT et al. (2008) Persistent epigenetic differences associated with prenatal exposure to famine in humans. Proceedings of the National Academy of Sciences of the USA 105: 17046-17049. doi:10.1073/pnas.0806560105
Painter R et al. (2008) Transgenerational effects of prenatal exposure to the Dutch famine on neonatal adiposity and health in later life. BJOG: An International Journal of Obstetrics & Gynaecology 115: 1243-1249. doi:10.1111/j.1471-0528.2008.01822.x
Siddiqui IA et al. (2007) Tea beverage in chemoprevention and chemotherapy of prostate cancer. Acta Pharmacol Sinica 28(9): 1392-1408. doi:10.1111/j.1745-7254.2007.00693.x

http://www.informaweblog.com/epigenetica-il-ritorno-di-lamarck-ereditare-paure-apprese/
 

saisontor

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Un altro articolo sull'epigenetica:

Fonte: http://www.unipd.it/ilbo/content/il-ritorno-di-lamarck

Il ritorno di Lamarck?

4 DICEMBRE 2013

Qualcuno già parla, esagerando, di un ritorno di Lamarck. Ma i risultati dell’esperimento realizzato da Kerry Ressler, neurobiologo e psichiatra della Emory University di Atlanta, in Georgia, Stati Uniti, con il suo giovane collaboratore, Brian Dias, mostrano (ma si dovrebbe dire, confermano) che in alcuni casi è possibile la “trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti” teorizzata, oltre due secoli fa, dal naturalista francese. Ma va anche detto che questi risultati non sminuiscono in alcun modo l’importanza che ha la “selezione naturale del più adatto” nell’evoluzione biologica, così come proposta da Charles Darwin.
L’esperimento è stato descritto da Ressler e Dias sul numero di dicembre della rivista Nature Neuroscience. Ed è abbastanza semplice. Un topo viene esposto in un ambiente chiuso all’acetofenone, una sostanza chimica che per il suo odore intenso è utilizzato nella produzione dei profumi. Nel medesimo tempo il topo viene sottoposto a una piccola ma fastidiosa scarica elettrica. Il topo associa l’odore al dolore. Poi svolge la sua vita riproduttiva. Ha dei figli. E poi dei nipoti. Ma, sorpresa, quando i figli e i figli dei figli vengono esposti a loro volta all’acetofenone, entrano nel panico. È come se “ricordassero” l’esperienza del padre e del nonno e si aspettassero di provare dolore.
Ressler e Dias sostengono che non è un caso. Perché il cervello dei topolini figli e nipoti ha ereditato la modifica strutturale subita dal cervello del topo originario in seguito all’esperienza che associa l’odore dell’acetofenone al dolore fisico. Il topo originario ha dunque trasmesso alla sua discendenza un carattere acquisito nel corso della sua vita.
Possibilità prevista dalla teoria dell’evoluzione biologica che Jean-Baptiste Pierre Antoine de Monet, cavaliere di Lamarck, propose nel 1809 nella sua opera più celebre: la Philosophie zoologique. Ma sostanzialmente negata dalla teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto che Charles Darwin propose nella nel 1859 in una delle opere, giustamente, più note di tutta la storia della scienza: On the origins of species by means of natural selection.
Com’è noto la teoria darwiniana è oggi quella dominante in biologia: dimostrata da una serie enorme di fatti empirici indipendenti. Essa si fonda su due presupposti: l’ereditarietà con modificazioni dei caratteri che determina la generazione casuale di diversità tra gli organismi; la selezione naturale degli individui più adatti a sopravvivere nell’ambiente e dunque ad avere, su base statistica, un maggiore successo riproduttivo.
Darwin non conosceva il meccanismo mediante il quale i genitori trasmettono alla prole i propri caratteri, ma con modificazioni. La genetica oggi ci fornisce la spiegazione molecolare. I caratteri ereditari sono inscritti nel Dna che i genitori trasmettono, con modificazioni casuali appunto, alla loro prole. La selezione naturale premia statisticamente le modificazioni che offrono un vantaggio adattativo e puniscono quelle che rappresentano uno svantaggio.
Un’esperienza – come l’esposizione all’acetofenone o il dolore provocato da una scossa elettrica #150; non modifica il Dna. Dunque, secondo la teoria genetica della selezione naturale, non può essere trasmessa ai figli.
E, infatti, Ressler e Dias non hanno trovato alcuna modificazione del Dna nei loro topolini associabile al combinato disposto dell’esposizione all’acetofenone e del dolore provocato dalla scossa elettrica. E, allora, come si spiega il “ricordo” che i figli e i nipoti hanno dell’esperienza del topo originario?
La spiegazione sta nell’epigenetica. Ovvero alle cause esterne al Dna che determinano anche la stessa espressione del Dna. Nello specifico dell’esperimento di Ressler e Dias, i topolini hanno nei loro cervelli un numero maggiore di neuroni sensibili all’acetofenone e questi neuroni sono associati ai neuroni sensibili al dolore. Ma come l’informazione epigenetica si trasmette di genitore in figlio non è chiara. Ressler e Dias suggeriscono (ma non provano) che il meccanismo possa essere associato alla metilazione del Dna.
Non entriamo nei dettagli. E diamo per scontato ciò che del tutto scontato non è (l’esperimento va verificato): che i topolini studiati ad Atlanta abbiano ereditato dal padre o dal nonno la sensazione di paura abbinata all’odore dell’acetofenone.
La trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti osservata da Ressler e Dias non costituisce una novità. Sono molti anni che i biologi forniscono prove piuttosto fondate sulla trasmissione di alcuni caratteri acquisiti. È stato dimostrato, per esempio, che i bambini olandesi nati da genitori che hanno subìto la fame negli anni Quaranta, hanno ereditato una maggiore propensione al diabete o alle malattie cardiovascolari. E già cinquant’anni fa l’americano Tracy Morton Sonneborn dimostrò che il Paramecium aurelia, un protozoo, può trasmettere alla progenie le cicatrici superficiali che ha acquisito.
Possiamo dunque parlare di una rivincita di Lamarck su Darwin? Senza nulla togliere al genio del naturalista francese, la risposta alla domanda è: certamente no. Per due semplici motivi. Il primo è che la selezione naturale resta di gran lunga un meccanismo evolutivo più universale e potente della trasmissione ereditaria per via epigenetica. Il secondo è che lo stesso Charles Darwin sosteneva che la selezione naturale è il meccanismo principale, ma non l’unico, dell’evoluzione biologica. Il grande naturalista inglese sapeva che nessuno può mettere le briglie alla natura. L’evoluzione è pluralista. E utilizza tutti i mezzi che la natura le mette a disposizione.
Pietro Greco

 

saisontor

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A me sembra interessante come argomento quello dell'epigenetica in ottica di aga. Più che altro mi chiedo quanto può influire una cura/alimentazione direttamente sul sintomo, ad esempio riducendo il dht, e quanto invece può influire a livello epigenetico (sensibilità dei follicoli al dht).