no, io non prendo integratori,perchè per ora prendo ancora la pillola (belara) + lozione, ma sto cercando soluzioni alternative, perchè la pillola a vita mi spaventa un pò
Come si fa ad ignorare certe cose? Ne vale la pena per i capelli?
Gli ormoni per la menopausa e la contraccezione sono stati classificati «cancerogeni»
di Gianna Milano 24/8/2005
URL: http://archivio.panorama.it
La sentenza degli esperti, 21 di otto paesi diversi chiusi per una settimana in una stanza come la giuria di un processo, non lascia dubbi. E questa volta non ha possibilità di appello: i contraccettivi estroprogestinici sono carcinogeni di classe 1, ossia con evidenze sufficienti di cancerogenesi negli esseri umani. Dopo aver condotto un'analisi completa della letteratura scientifica sull'argomento, gli esaminatori dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) di Lione si sono espressi su pillola contraccettiva e terapia ormonale sostitutiva (Tos) in menopausa.
La prima, la pillola, aumenta il rischio di tumore alla mammella del 20 per cento e raddoppia quello di sviluppare il cancro del collo dell'utero, aggravando l'effetto cancerogeno del papilloma virus che ne è la causa principale. «Il rischio diventa trascurabile dopo cinque anni che si è smesso di prendere la pillola, dopo dieci torna a essere uguale a quello delle donne che non ne hanno mai fatto uso» dice Silvia Franceschi, dello Iarc, che ha partecipato al gruppo di esperti.
Inoltre la pillola fa crescere il rischio di cancro al fegato in donne non portatrici di epatite B o C. Per fortuna, sono tumori rarissimi. La seconda, la terapia estroprogestinica, accresce la possibilità di sviluppare cancro al seno e dell'endometrio, la mucosa che riveste la parete uterina. «In tal caso il rischio di tumore alla mammella è in correlazione alla durata della terapia: è vicino a 2, ossia raddoppia, per un uso di 5-10 anni. Ed è minore nelle donne che utilizzano un'ormonoterapia che si basi solo su estrogeni».
La monografia redatta dagli esperti dello Iarc sarà pubblicata tra alcuni mesi, ma è ora disponibile sul sito del centro francese. Come interpretarne le conclusioni? Più di 100 milioni di donne al mondo prendono la pillola (nella versione combinata di estrogeni e progestinici), ossia il 10 per cento delle donne in età fertile. In Italia si calcola che 2,6 milioni di donne seguano la contraccezione ormonale. Ed è difficile pensare che nel mondo occidentale, dove la pillola ha disgiunto la procreazione dalla sessualità contribuendo alla liberazione femminile, se ne fermi il cammino.
Già nel 1996 un ampio studio su Lancet (53 mila donne con tumore al seno comparate a un gruppo di controllo di 100 mila di pari età) aveva concluso che tra quelle che prendevano la pillola il rischio di tumore era maggiore, ma non fu attribuito alla pillola stessa. Oggi le conclusioni sono univoche. «Anche se resta difficile stabilire un rapporto rischio/beneficio.
Se una donna italiana tra 20 e 35 anni prende la pillola, forse il bilancio può chiudersi a favore di questo anticoncezionale» dice Franceschi. «Le dà una protezione contro il tumore di ovaio ed endometrio, durevole nel tempo, anche se aumenta il rischio di cancro al seno e alla cervice, che quando ha 40 anni torna a un valore normale, mentre continua a essere protetta per ovaio ed endometrio».
Ma queste considerazioni cambiano dopo i 40 anni, quando la probabilità di sviluppare tumore alla mammella comincia a diventare maggiore. «A questa età la prudenza e le cautele sull'uso degli estroprogestinici sono analoghe a quelle che deve avere una donna che segue la terapia ormonale sostitutiva in menopausa, a un'età in cui il rischio di tumore al seno è superiore» avverte Franceschi. Negli anni 80 si capì che la terapia ormonale in menopausa solo con estrogeni favoriva il tumore dell'endometrio.
«Negli anni 90 prevalse così la terapia estroprogestinica che permise di controllare questo tipo di cancro, ma aumentò il rischio di quello al seno, molto più diffuso dell'altro: nel Nord Italia è sette volte più frequente e al Sud cinque» aggiunge Franceschi. La medicina moderna ha creato l'illusione che gli ormoni in menopausa fossero la soluzione per tutti i problemi della donna di mezza età (in Italia l'8 per cento delle donne tra i 45 e i 55 anni ne fa un uso costante).
Interpretazione che ha spinto a usarli più dello stretto necessario. Già nel 2002 uno studio americano su 16.608 donne, che fa parte di un vasto programma di ricerca (160 mila volontarie), il Women's health initiative pubblicato su Jama, aveva incrinato la fede negli ormoni, mettendoli in relazione con un incremento di casi di cancro al seno, ma anche di infarti, trombosi venose e ictus. Ora il verdetto dello Iarc ribadisce l'invito alla cautela.