Libertà prima di tutto

andreox

Utente
5 Maggio 2004
86
0
65
Vi dico la mia evoluzione psicologica nell'affrontare (o nel subire) il problema calvizie. Premetto dicendo che ho 23 anni, che da due mesi ho iniziato una cura con Finasteride (finora non noto miglioramenti), e che sono un tipo fondamentalmente timido.
Forse sto imparando, grazie alla calvizie, a ristabilire una gerarchia di cose importanti nella vita:i problemi maggiori li ho avuti quando l'aa aveva appena cominciato a farsi sentire. Cioè quando avevo ancora tutti i capelli ma notavo che, mettendoli in una certa maniera, spostando certi ciuffi, potevo vedere il cuoio capelluto. Bene, evitavo addirittura di uscire quando c'era vento, se per strada venivo sorpreso da qualche raffica, mi fermavo, mi voltavo verso la parte che immaginavo non avrebbe subìto lo spostamento dei capelli e, per non dare nell'occhio, facevo finta di smanettare col cellulare, come se dovessi scrivere un sms o fare chissà cos'altro. Mi rendevo conto, mentre praticavo queste scenette, di quanto fossi schiavo e di quanto fossi ossessionato dai capelli: ma lo stesso facevo il teatrino ambulante.
Ora ho molti meno capelli, ho deciso di affrontare il problema nell'unico modo che mi ha consigliato il dermatologo, ma paradossalmente ho finito con quelle paturnie mentali. Ho scardinato quella scaletta di importanza, per la quale, prima, ancoravo la mia contentezza a come apparivo di fuori. Era come aver parcheggiato la macchina sulle sabbie mobili, pensando di averla messa al sicuro per sempre. Appena noti che il terreno sul quale avevi costruito il tuo umore quotidiano comincia a cedere, cominci a cedere anche tu. E infatti il disagio era così grande che, come descritto sopra, mi dilettavo in quegli spettacolini patetici.
Sarei ipocrita a dire che non me ne importa più nulla (se fosse così non avrei deciso di assumere Finasteride), ma sono realistico nel dire che l'aspetto, ora, è sceso di molti gradini nel podio delle priorità.
Del resto la scelta era penalizzare la mia vita attorno alle folate di vento, all'aria che ti viene in faccia quando vai in bicicletta oppure imparare a pensare che più si è liberi più si sarà contenti. Non vorrei apparire come quello che ha la verità in tasca: sono ancora molto insicuro, il mio carattere è lunatico e il mio umore variabile. Ma almeno, per adesso, né il primo né il secondo dipendono più dai capelli che, ripeto, sono molti di meno di prima.
Ciao a tutti.
 

andreox

Utente
5 Maggio 2004
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Vi dico la mia evoluzione psicologica nell'affrontare (o nel subire) il problema calvizie. Premetto dicendo che ho 23 anni, che da due mesi ho iniziato una cura con Finasteride (finora non noto miglioramenti), e che sono un tipo fondamentalmente timido.
Forse sto imparando, grazie alla calvizie, a ristabilire una gerarchia di cose importanti nella vita:i problemi maggiori li ho avuti quando l'aa aveva appena cominciato a farsi sentire. Cioè quando avevo ancora tutti i capelli ma notavo che, mettendoli in una certa maniera, spostando certi ciuffi, potevo vedere il cuoio capelluto. Bene, evitavo addirittura di uscire quando c'era vento, se per strada venivo sorpreso da qualche raffica, mi fermavo, mi voltavo verso la parte che immaginavo non avrebbe subìto lo spostamento dei capelli e, per non dare nell'occhio, facevo finta di smanettare col cellulare, come se dovessi scrivere un sms o fare chissà cos'altro. Mi rendevo conto, mentre praticavo queste scenette, di quanto fossi schiavo e di quanto fossi ossessionato dai capelli: ma lo stesso facevo il teatrino ambulante.
Ora ho molti meno capelli, ho deciso di affrontare il problema nell'unico modo che mi ha consigliato il dermatologo, ma paradossalmente ho finito con quelle paturnie mentali. Ho scardinato quella scaletta di importanza, per la quale, prima, ancoravo la mia contentezza a come apparivo di fuori. Era come aver parcheggiato la macchina sulle sabbie mobili, pensando di averla messa al sicuro per sempre. Appena noti che il terreno sul quale avevi costruito il tuo umore quotidiano comincia a cedere, cominci a cedere anche tu. E infatti il disagio era così grande che, come descritto sopra, mi dilettavo in quegli spettacolini patetici.
Sarei ipocrita a dire che non me ne importa più nulla (se fosse così non avrei deciso di assumere Finasteride), ma sono realistico nel dire che l'aspetto, ora, è sceso di molti gradini nel podio delle priorità.
Del resto la scelta era penalizzare la mia vita attorno alle folate di vento, all'aria che ti viene in faccia quando vai in bicicletta oppure imparare a pensare che più si è liberi più si sarà contenti. Non vorrei apparire come quello che ha la verità in tasca: sono ancora molto insicuro, il mio carattere è lunatico e il mio umore variabile. Ma almeno, per adesso, né il primo né il secondo dipendono più dai capelli che, ripeto, sono molti di meno di prima.
Ciao a tutti.
 

andreox

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5 Maggio 2004
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Vi dico la mia evoluzione psicologica nell'affrontare (o nel subire) il problema calvizie. Premetto dicendo che ho 23 anni, che da due mesi ho iniziato una cura con Finasteride (finora non noto miglioramenti), e che sono un tipo fondamentalmente timido.
Forse sto imparando, grazie alla calvizie, a ristabilire una gerarchia di cose importanti nella vita:i problemi maggiori li ho avuti quando l'aa aveva appena cominciato a farsi sentire. Cioè quando avevo ancora tutti i capelli ma notavo che, mettendoli in una certa maniera, spostando certi ciuffi, potevo vedere il cuoio capelluto. Bene, evitavo addirittura di uscire quando c'era vento, se per strada venivo sorpreso da qualche raffica, mi fermavo, mi voltavo verso la parte che immaginavo non avrebbe subìto lo spostamento dei capelli e, per non dare nell'occhio, facevo finta di smanettare col cellulare, come se dovessi scrivere un sms o fare chissà cos'altro. Mi rendevo conto, mentre praticavo queste scenette, di quanto fossi schiavo e di quanto fossi ossessionato dai capelli: ma lo stesso facevo il teatrino ambulante.
Ora ho molti meno capelli, ho deciso di affrontare il problema nell'unico modo che mi ha consigliato il dermatologo, ma paradossalmente ho finito con quelle paturnie mentali. Ho scardinato quella scaletta di importanza, per la quale, prima, ancoravo la mia contentezza a come apparivo di fuori. Era come aver parcheggiato la macchina sulle sabbie mobili, pensando di averla messa al sicuro per sempre. Appena noti che il terreno sul quale avevi costruito il tuo umore quotidiano comincia a cedere, cominci a cedere anche tu. E infatti il disagio era così grande che, come descritto sopra, mi dilettavo in quegli spettacolini patetici.
Sarei ipocrita a dire che non me ne importa più nulla (se fosse così non avrei deciso di assumere Finasteride), ma sono realistico nel dire che l'aspetto, ora, è sceso di molti gradini nel podio delle priorità.
Del resto la scelta era penalizzare la mia vita attorno alle folate di vento, all'aria che ti viene in faccia quando vai in bicicletta oppure imparare a pensare che più si è liberi più si sarà contenti. Non vorrei apparire come quello che ha la verità in tasca: sono ancora molto insicuro, il mio carattere è lunatico e il mio umore variabile. Ma almeno, per adesso, né il primo né il secondo dipendono più dai capelli che, ripeto, sono molti di meno di prima.
Ciao a tutti.