Cito anche un articolo di Albanesi (http://www.albanesi.it ), uno che non è certo tenero con gli integratori.
Secondo un recentissimo studio della Copenaghen University (pubblicato su The Cochrane Collaboration) gli integratori vitaminici farebbero male. L'ipotesi nasce dalla comparazione di 67 studi clinici che avrebbero coinvolto 232.000 persone (il condizionale lo spieghiamo dopo).
Nel mio sito sono spesso fortemente critico con chi assume integratori a sproposito, ma non si può non sorridere davanti a ricerche come questa, almeno come è stata riportata dalla stampa. Vediamo i punti che rendono poco significativa la ricerca.
1) La ricerca si esprime con molti condizionali. Come hanno riconosciuto gli scienziati più seri, è solo un dato in più che va interpretato.
2) La ricerca prende in esame 67 studi, una quantità irrisoria su quelli pubblicati in letteratura a favore o contro le vitamine. Si comprende che, scegliendo opportunamente, è banale arrivare alla conclusione che si vuole.
3) Le conclusioni riguardano praticamente la sola vitamina A (e la sua provitamina, il betacarotene). Si sa già con certezza da quasi un secolo che la vitamina A (scoperta nel 1913) è l'unica fortemente a rischio. Gli esploratori dell'Artico e gli Eschimesi sapevano che non si poteva consumare il fegato d'orso polare o di foca (a causa del tenore elevato di vitamina A, circa 15.000 UI per grammo!) pena una grave intossicazione che regrediva appena smesso il consumo. In molti multivitaminici la vitamina A è contenuta in dosi ridotte o è addirittura assente.
4) Le conclusioni della ricerca sono state condotte esprimendo i danni della vitamina in una maggiore percentuale di morte. Dietro a questo dato c'è il solito trucco delle percentuali relative. Dire che la probabilità di morte aumenta del 16% produce un'impressione maggiore rispetto a dire che la probabilità di morte nell'anno per un individuo di 50 anni aumenta per esempio dall'1% all'1,16%.
5) Il risultato sull'incremento della probabilità di morte è ottenuto in modo molto discutibile su un sottoinsieme molto ridotto del campione. Infatti i 232.000 soggetti non sono stati seguiti fino alla morte, ma semplicemente si sono analizzati i casi di morte durante le ricerche! Tali casi sono numericamente e statisticamente poco significativi ed è del tutto arbitrario attribuire la morte a una (vitamine sì-vitamine no) delle tante possibili differenze: paradossalmente, se chi assumeva vitamine faceva anche sport, si potrebbe concludere che la pratica dell'attività sportiva aumenta la probabilità di morte!
6) A fronte delle considerazioni 2-3-5 l'altro risultato, l'aumento della probabilità di morte per chi assume vitamina E del 4% (cioè ricordando la relatività del dato, per un cinquantenne si passerebbe per esempio dall'1% all'1,04%), è poco significativo, irrilevante.
7) I dati relativi non sono stati legati a una dose. Come sa chi fa ricerca, un dato serio è la curva di mortalità in funzione della dose. Nulla vieta di pensare che a un incremento del 4% per dosi di vitamina E di 800 UI si affianchi un decremento del 10% per dosi di 200 UI. Tali curve non sono state pubblicate e per chi sa leggere le ricerche è un grosso limite.
8) Molti ricercatori hanno usato lo studio per perorare il solito consumo di frutta e verdura. C'è il fondato sospetto che la ricerca voglia conseguire un secondo fine: disincentivare le persone a mangiare male, togliendo quegli alibi (integratori) che supportano alimentazioni povere di vitamine di origine naturale. Il fine è nobile, ma il mezzo è sbagliato. L'unico effetto che si ottiene è di illudere la gente che la frutta e la verdura possano fermare veramente processi come l'invecchiamento.
9) Non a caso in Italia lo studio è stato accolto come ulteriore conferma della dieta mediterranea, dimenticando che tale dieta, senza un freno quantitativo, ha portato gli italiani a essere il secondo popolo più in sovrappeso d'Europa. E, come si sa, il sovrappeso aumenta la probabilità di morte molto di più del 4 o del 16%.
10) Alcuni hanno sottolineato il ruolo naturale dell'alimentazione, ruolo che potrebbe giustificare obiezioni alle riflessioni del punto seguente. In realtà è scarsamente scientifico ritenere che tutto ciò che sia naturale sia buono (la natura ci fa invecchiare e morire!) e la biochimica ha definito misure di grandezze delle vitamine proprio in virtù della loro azione biologica: 1 UI (unità internazionale) di vitamina E ha lo stesso effetto biologico, sia che sia sintetica sia che sia naturale. Infine molti integratori usano vitamine naturali.
11) Ho lasciato per ultimo il punto più importante perché i nutrizionisti che hanno accolto lo studio come giustificazione per un'alimentazione naturale basata su frutta e verdura hanno dimostrato scarsa familiarità con i numeri. Infatti è banale dimostrare che le vitamine contenute in un multivitaminico si possono facilmente ottenere (tranne la E) dall'alimentazione (soluzione nutraceutica), scegliendo opportuni alimenti. Se gli integratori nelle dosi sul mercato fanno male, per coerenza gli stessi nutrizionisti dovrebbero mettere in guardia dal consumo di certi alimenti; per esempio, chi mangia 5 kiwi al giorno assume già 500 mg di vitamina C, 8 volte la RDA, la dose giornaliera raccomandata; in 100 g di carote ci sono già 2.000 RE (retinolo equivalenti), quando si consiglia un introito giornaliero di soli 700 RE: Inoltre si dovrebbe mettere in guardia dai cibi arricchiti con vitamine, ormai comunissimi nei nostri supermercati. Questi dati ci dicono che:
a) le dosi consigliate sono comunque basse; se le vitamine fanno male, anche l'assunzione di molti alimenti deve essere censurata.
b) Se le dosi devono essere aumentate, allora non si può prescindere da un discorso quantitativo. Come per tutte le sostanze, dire che la vitamina X fa male è scientificamente nullo, se non si lega all'affermazione un numero.
c) Spulciando le ricerche a favore e tenendo conto di quelle contrarie, la soluzione migliore sembra essere quella nutraceutica, cioè l'assunzione di vitamine attraverso determinati alimenti, non la generica frutta e verdura; il messaggio generico è molto grossolano perché il contenuto vitaminico della frutta e della verdura è decisamente variabile e alcune vitamine (per esempio la B12) non sono presenti in frutta e verdura. L'unica vitamina che fa eccezione (nel senso che non può essere assunta significativamente dagli alimenti) è la vitamina E, vitamina per la quale ha senso un'integrazione ragionevole e per la quale non esistono ricerche di chiara nocività. Integrazione ragionevole vuol dire per soggetti sportivi e/o anziani in cui il fabbisogno vitaminico è sicuramente aumentato.
Occhio sempre alle meta analisi.