Tranquillo, è una bufala colossale:
Domanda ad AndrologiaonLine:
Dottore, lei che ha una posizione netta e contraria all'uso di antiandrogeni (per via topica o sistemica) in soggetti giovani e sani, che cosa ne pensa di questo studio della Paris Descartes University? Lo allego: ASCA) - Roma, 16 feb - Perdere i capelli a 20 anni potrebbe coincidere con una probabilita' maggiore di sviluppare il cancro alla prostata piu' in la' con gli anni. E' quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Annals of Oncology che raccomanda a questi soggetti di eseguire esami diagnostici prima degli altri. I ricercatori della Paris Descartes University, in Francia, hanno esaminato 388 pazienti in trattamento per la cura del cancro maschile e 281 soggetti sani, scoprendo che tra i primi quelli che avevano sofferto di una alopecia androgenetica molto precoce mostravano il doppio delle probabilita' di ammalarsi piu' tardi di cancro. In questo tipo di calvizie, infatti, il testosterone si trasforma nell'androgeno Dht (diidrotestosterone) che in alte concentrazioni e' tossico per i follicoli piliferi. Accanto alla brutta notizia, quella buona: i ricercatori non hanno individuato nessun aumento significativo dei rischi per chi incontrava la calvizie piu' tardi nella vita, dopo i 30 e 40 anni. ''Abbiamo bisogno di un modo di identificare quegli uomini che sono ad alto rischio di sviluppare la malattia e che potrebbero essere oggetto di screening - spiega l'autore della ricerca Philippe Giraud - e candidabili anche a una chemioterapia di prevenzione che utilizzi farmaci anti-androgeni come la finasteride''. La parte che parla di chemioterapia di prevenzione che utilizzi farmaci anti-androgeni come la finasteride'', mi sembra follia allo stato puro... ma sono più interessato alla relazione tra perdita di capelli a 20 anni e cancro alla prostata, che ne pensa??
Risposta
Mai fidarsi dei lanci di agenzia, che spesso sono spinti da chi ha interessi non sempre trasparenti. Ho letto il lavoro integrale e né nel riassunto iniziale, né nei dati del testo si traggono le affermazioni di quanto dato dalle agenzie di stampa. Gli autori non hanno rilevato nessuna correlazione tra calvizie e cancro prostatico o familiarità per entrambe le questioni. Peraltro nei dati prodotti si rileva che, sia nel gruppo con il cancro prostatico che nel gruppo senza, l'assenza di calvizie (nei vari livelli) a 20 anni riguardava il 90% dei soggetti, a 30 anni il 70% dei soggetti, a 40 anni il 50% dei soggetti: come dire che il fattore età (il che è ovvio visto che il cancro è una patologia degenerativa multifattoriale) nello sviluppo del rischio del cancro prostatico è molto più forte del fattore calvizie. Gli stessi autori poi sottolineano che non sono stati presi in considerazione altre condizioni coesistenti né per età né per tipologia (stress, fumo alimentazione squilibrata, idorvaricocele e congestione infiammatoria pelvico-prostatica, assenza di attivtà fisica, fumo, alcool, ecc.) e inoltre è facile osservare che i due gruppi non sono omogenei per quantità (con il cancro sono 388 e senza il cancro sono 281... il che quando si considerano piccole variazioni può pesare e non poco). In ogni caso sono gli stessi autori che escludono (non potrebbero fare altrimenti) una qualsiasi relazione tra i due eventi, escludono la possibilità di usare la calvizie e l'età di insorgenza quale fattore predittivo per il cancro prostatico, escludono l'opportunità di terapie antiandrogeniche precoci (anche se usate per l'alopecia) con la prospettiva della prevenzione del cancro prostatico (ci mancherebbe altro che si facesse una simile operazione! con questi dati poi!). Il fatto che i bulbi piliferi siano sensibili al Testosterone e al DHT nei maschi è un fatto, che solo ciò comporti la caduta dei capelli è tutto da dimostrare stante il fatto che parte dei maschi ha alti livelli di Testosterone e DHT e si tiene tutti i suoi capelli e anche di più, ma che è anche vero l'esatto contrario o le condizioni incrociate. Analogo ragionamento poi vale per il cancro prostatico che come tutti i tumori ha forme androgeno-sensibili, forme androgeno insensibili, forme che diventano androgeno-insensibili, forme che si autocostruiscono gli androgeni (o simil-androgeni) quando noi facciamo la deprivazione, ecc. La questione è certamente molto complessa e non dovrebbe essere messa così facilmente in pasto alle agenzie di stampa che poi fanno titoli discutibili di attrazione (gli autori del lavoro hanno un titolo assolutamente neutro che consente di accettare qualunque conclusione ove i dati lo permettano e qui non hanno permesso nulla di quanto affermato dalle agenzie di stampa) che portano a disastrose interpretazioni e a peggiori fai da te terapeutici.